Valcamonica

Ispirato dalla Bohéme il canto della Valcamonica

Francesco Gheza ha studiato il motivo e ha scritto il libro «Oh, che bel fior»
La copertina del volume «Oh, che bel fior» di Francesco Gheza - © www.giornaledibrescia.it
La copertina del volume «Oh, che bel fior» di Francesco Gheza - © www.giornaledibrescia.it
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Dici Valcamonica e pensi alle incisioni, alle piste da sci, alle capre bionde e al lavoro del ferro. E poi a quel motivetto che gira in testa che fa «E su e giù per la Valcamonica, la si sente cantar». È un po’ l’inno della terra dei camuni, identità del territorio valligiano. Ma, al di là dell’orecchiabilità, nessuno sa nulla sulla sua origine o mai è stata approfondita. Finora. Ci ha pensato il giornalista e direttore del coro di Vallecamonica Francesco Gheza, che ha dato alle stampe «Oh, che bel fior», un volumetto della collana «Maraèa» della Comunità montana, che racconta dell’inno e della sua storia.

Francesco Gheza ha condotto ricerche negli archivi, nelle biblioteche, ha analizzato atti di convegni e pubblicazioni specialistiche, su discografie, a partire dal 1930. Una delle ipotesi più affascinanti vedrebbe un uomo di cultura di fine Ottocento che, viaggiando, leggendo o partecipando a spettacoli, si sarebbe lasciato ispirare dalla Bohéme di Puccini nel verso che dice «alla stagion dei fior». È il momento in cui Mimì e Rodolfo si dicono addio e si fanno una promessa: «Ci lasceremo alla stagion dei fior».

L'opera è stata rappresentata la prima volta nel 1896 a Torino: «Il verso è molto preciso e difficilmente può essere nato dall'autore della Valcamonica  - riflette Francesco Gheza -: un valligiano deve averne tratto ispirazione per inserire un verso tanto bello, poetico e perfetto nel canto camuno: se ciò è accaduto, non può essere avvenuto prima del 1896».

La prima data certa è il 1935, quando il coro della Sosat (poi Sat) registrò su un 78 giri (ascoltato col grammofono) il canto, armonizzato da Luigi Pigarelli. Elemento che restringe ancora il periodo storico è il tema della partenza primaverile dei camuni per andare lontano a lavorare, tornando prima dell'inverno, ovvero la seconda grande migrazione dopo la Prima guerra mondiale dai paesi della cerchia delle Alpi.

Il canto sarebbe quindi nato dopo il 1927 e registrato nel 1935. «L’inno camuno - conclude Gheza -, figlio d'arte della Montanara, armonizzato da vari autori in varie forme, eseguito da cori, formazioni da camera, bande, orchestre e singoli, dovrebbe così diventare il canto ufficiale della Vallecamonica».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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