Il ponte tibetano di Vezza si farà, ma le polemiche non si fermano
Il quorum per la validità del referendum sul ponte tibetano in Val Grande non è stato raggiunto: è un dato incontrovertibile. Sia che si contino i residenti all’estero (Aire) sia che non lo si faccia. Ma all’indomani della domenica elettorale, sono in tanti a chiedersi se quei numeri - dei 530 vezzesi andati a votare il 94% ha sbarrato no alla passerella - abbiano un significato.
Anche escludendo gli Aire, che ovviamente non hanno votato (circa 370), il quorum non c’è, ma è chiaro che un terzo dei cittadini di Vezza si è palesemente espresso per il no.
Il sindaco Andrea Occhi e la sua maggioranza possono andare avanti e con tutta probabilità lo faranno. Anche se sul progetto, oggi poco più che uno studio di fattibilità, incombono le elezioni del 2024 (in realtà era solo di un referendum consultivo, anche con il quorum e la maggioranza dei no l’Amministrazione avrebbe potuto procedere). Ma la divisione sull’opera da due milioni di euro resta e si sente. Nonostante infatti i risultati del voto siano stati accettati democraticamente, sia il comitato promotore del referendum sia la minoranza hanno reclamato attenzione su quei 496 no.
Per Gianmaria Rizzi, capogruppo dell’opposizione, «nonostante gli incitamenti a non andare a votare da parte di sindaco e maggioranza, in 530 si sono recati alle urne. Un grazie a loro, anzitutto, che hanno esercitato un diritto, oltre che dovere. Più del 90% ha detto no: non vuole il ponte. Anche senza quorum, credo che sia un segnale forte e l’attuale Amministrazione ne dovrà tenere conto, oggi e domani».
Allo stesso modo anche i responsabili del comitato «Vezza Sostenibile» puntualizzano sull’esito della votazione: «Ha votato un gran numero di persone, non sufficiente al quorum, specialmente per l’illiberale indicazione di astenersi da parte della maggioranza. Ma il 94% ha detto no al ponte tibetano: l’indicazione all’Amministrazione da parte dei cittadini è chiarissima, quorum o non quorum».
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