Il camuno Mossoni confessa: «Ho ucciso io Federica»
Il delitto. Poi la veglia al cadavere. Un’illuminazione giunta dalla tv. E la decisione di sbarazzarsi del cadavere in una cassa spacciata per quella di un biologo marino intento a compiere nuovi studi sui fondali del lago di Garda.
E’ una confessione a tutti gli effetti quella resa da Franco Mossoni, 56enne di Malegno, al giudice per l’udienza preliminare di Verona confessando l’omicidio di Federica Giacomini, 43enne ex pornostar il cui cadavere è stato ripescato nel Garda 4 mesi dopo il delitto, avvenuto nel febbraio 2014.
“Federica l’ho uccisa io – ha dichiarato il camuno -. Ho avuto una visione, quella di tre albanesi che mi aggredivano e mi sono difeso con un martello” a spiegare il suo gesto.
L’uomo, un delitto risalente al 1978 alle spalle, e un passato costellato di ricoveri in ospedali psichiatrici, ha poi ripercorso le fasi successive all’omicidio: dopo essere uscito dall’abitazione in cui aveva ucciso la donna, in un paese del Veronese, per recarsi al fiume a pregare perché un miracolo gli restituisse la donna, con cui aveva avuto una relazione, è rincasato e ha vegliato il corpo della 43enne per un giorno e mezzo. Guardando la tv: e proprio un documentario sugli abissi marini gli ha suggerito il da farsi per sbarazzarsi del corpo di Federica Giacomini, nota negli ambienti dei film a luci rosse con lo pseudonimo di Ginevra Hollander. Si è tramutato nel sedicente biologo marino Franco Flakan, ha costruito con materiale rimediato in ferramenta quella che nella sua mente era una cassa per materiale scientifico. La stessa all’interno della quale ha calato in fondo al Benaco il corpo della donna. Con l’involontaria complicità di un noleggiatore di barche di Castelletto di Brenzone.
Mossoni, che una perizia ha indicato come «capace di intendere ma parzialmente incapace di volere», secondo un quadro clinico contestato dall’avvocato Gerardo Milani, che difende il 56enne. Per il gup invece tutto regolare. I genitori della vittima, invece, per voce del loro legale sottolineano la pericolosità dell’uomo e annunciano di volersi rivalere su chi, in ospedali psichiatrici e strutture di cura, l’aveva a suo tempo sottoavalutata. A settembre la sentenza per il delitto.
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