Il bianco Lècomelè per festeggiare i trent’anni del Cardo
Lècomelè, che in italiano significa «è come è», è il nome del nuovo vino (anzi, per ora è meglio definirlo un elisir) realizzato dai ragazzi ospiti della cooperativa Il cardo di Edolo. Un termine scelto per sdrammatizzare, per dire di un prodotto che, anche se non è eccelso, va bene comunque. Ma pare invece che il vino bianco realizzato con i vitigni «eroici» e resistenti ad alta quota sia piuttosto buono.
Il primo assaggio ufficiale sarà effettuato oggi alle 18 in occasione dei festeggiamenti dei trent’anni del Cardo: per questo, il «sottotitolo» della bevanda è diventato «Elisir dei 30 anni». Tutto è stato realizzato internamente, anche l’etichetta, disegnata la scorsa settimana nell’ambito di un laboratorio con Sara Rendina, grafico della rivista del Cardo «Zeus!».
Per ora è una sorta di primizia, di sperimentazione, ma la vendemmia 2018 è imminente e riserverà sorprese. L’elisir Lècomelè è ottenuto con le uve dei vigneti sul monte Colmo: le barbatelle sono state impiantate tre anni fa e la prima vendemmia è stata nel 2017, effettuata dai ragazzi seguiti con i servizi del Cardo, con i volontari e la collaborazione dei migranti accolti dalla cooperativa.
I vigneti non sono le uniche coltivazioni: da qualche anno è stato avviato un progetto agricolo che consente di recuperare dei terreni abbandonati per reintrodurre colture in via d’estinzione. In collaborazione con Comune, parrocchia e alcuni privati i ragazzi del Cardo oggi seguono tre vigneti sul Monte Colmo, un campo di patate a Mù, un meleto e un campo di mais nero spinoso a Edolo lungo il fiume.
La soddisfazione è talmente alta che, non bastando più i terreni a tenere occupati tutti, è stata avviata una collaborazione con un vivaio e con un’azienda agricola per la raccolta di piccoli frutti. «Il nostro desiderio è valorizzare il paesaggio che ci circonda e fornire rinnovate potenzialità economiche a un territorio segnato dall’abbandono - spiega il responsabile del Cardo Marco Milzani -. Il patrimonio agricolo è sottoutilizzato da tempo e le coltivazioni tradizionali si stanno perdendo, impoverendo l’ambiente, il paesaggio e le potenzialità turistiche. Non solo, per noi è fondamentale anche la parte educativa che deriva da queste attività».
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