I quattro gemelli: «Vent'anni dopo la carezza di Papa Wojtyla»
Un po’ assonnati, piagnucolosi, con il dito in bocca. Avevano compiuto da qualche mese un anno. Francesca, Andrea, Marco e Paolo furono i primi ad accogliere, tra le braccia degli emozionatissimi mamma e papà, Giovanni Paolo II al suo arrivo a Borno alle 11.35 del 19 luglio 1998.
La famiglia Rivadossi, con i suoi quattro splendidi gemellini, fu scelta a rappresentare tutta la comunità. Scriveva il collega Gian Mario Martinazzoli sul nostro giornale facendo la cronaca di quell’incontro: «Dovranno raccontargliela questa giornata, tra qualche anno». «Ce l’hanno raccontata più e più volte - ci dice col sorriso Marco -, ovviamente noi non possiamo davvero avere memoria di quei momenti. Ma guardando le foto e i ritagli di giornale dell’album realizzato dai nostri genitori, unito a quanto ci è stato detto, è come se quei momenti li ricordassimo per averli vissuti da adulti, non da piccoli bambinetti di poco più di un anno».
Scriveva Martinazzoli: «I gemellini hanno offerto al Papa l’assoluta spontaneità e la straordinarietà dell’evento che li accomuna, facendolo interiormente godere di questo inno alla vita che è anche simbolo della fiducia nell’umanità futura». «Li avevamo battezzati a Natale - racconta mamma Mara - perché volevamo che quel giorno rimasse impresso nella loro mente anche in futuro, infatti solitamente nessuno si ricorda la data del proprio battesimo. Con la cerimonia a Natale, pensammo io e mio marito Valerio, quel giorno sarà indimenticabile. Non potevamo certo immaginare che un’altra data avrebbe segnato la storia della nostra famiglia».
«Ogni volta che conosciamo nuove persone, nuovi amici - racconta ancora mamma Mara - i discorsi vanno sempre a finire a quell’incontro di ormai vent’anni fa. E ovviamente ogni volta noi siamo felicissimi di raccontarlo ancora una volta. Oggi Marco studia lingue a Bergamo, Andrea economia a Brescia, Paolo sociologia a Padova, Francesca dopo gli studi in chimica ora lavora con il papà. È toccato all’unica ragazza collaborare con l’azienda di famiglia, chiediamo a Marco. Lui scoppia a ridere. «Per ora c’è solo lei - risponde -, finiti gli studi vedremo».
Marco e la mamma ci mostrano i giornali di allora, la loro fotografia con il papa finì anche sulla prima pagina dell’Osservatore Romano, il quotidiano del Vaticano. Da come ci mostrano emozionati i ricordi di quei momenti, si ha l’ennesima dimostrazione di quanto quella giornata sia stata straordinaria. Il Papa, scriveva il nostro ex direttore Giacomo Scanzi, «è apparso di buon umore, ha voluto, al termine dell’Angelus, percorrere tutto il sagrato, stringere mani, accarezzare bambini».
Giovanni Paolo II, continuava, «ha parlato ai giovani, li ha incitati a dare senso alla vita, a non sprecarla, ad investirla nel futuro, perché si vive una volta sola. Ha parlato agli anziani, agli ammalati che sente particolarmente vicini. Ha parlato a chi è lontano dalla fede, invitandoli a non aver paura di cercare Dio».
La giornata era iniziata sul piazzale della Dassa dove l’elicottero bianco dell’aeronautica militare era atterrato alle 11.30, dopo l’accoglienza dei quattro gemellini, il papa è salito su una Mercedes decapottabile (targata Stato Città del Vaticano 1) ed ha raggiunto il cuore di Borno.
Poi i discorsi, gli incontri, la recita dell’Angelus. Nel tardo pomeriggio di nuovo in elicottero per l’ultimo giorno di vacanza a Lorenzago, passando un’altra volta sopra quel ghiacciaio dell’Adamello a cui lo legavano i ricordi delle visite del 1984 e del 1988. «L’idea della nostra presenza venne al parroco di allora, don Giuseppe Maffi. Noi accettammo con entusiasmo - ricorda mamma Mara -. La notte prima dell’incontro praticamente non dormimmo. Eravamo agitatissimi, non sapevamo bene neppure come gestire i quattro gemellini davanti a Giovanni Paolo II. Poi tutto si svolse con incredibile naturalezza. Paolo prese la croce luccicante di Wojtyla e lui gli sorrise, poi diede una carezza ad ognuno». La tenera carezza di un santo. «Anche se eravamo bimbi - conclude Marco - quell’incontro ci ha segnato la vita».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato