Capolavoro di meccanica: la nuova ruota arriva al vecchio mulino
Come l’ingranaggio perfetto di un orologio senza età, la ruota del mulino di Cimbergo ha ricominciato a macinare il tempo. In una mattina di nevischio e poesia, Battista Recaldini ha portato in strada mezzo paese e montato la nuova ruota nel mulino di famiglia che continua a far girare le pagine della storia.
«Non voglio dire che riprendiamo una vecchia tradizione perché, negli ultimi 75 anni, non abbiamo mai smesso di macinare castagne e granaglie», ha spiegato Baty davanti al primo caffè dell’alba. L’abbiamo visto scaricare e abbracciare la «sua» ruota aiutato da una decina di amici, seguito tra strettoie e balconi fino al momento esaltante della messa in acqua, dopo ore di imprevisti e fatica. All’imbrunire, la conferma: la nuova ruota di 4 metri e 80 di diametro e una tonnellata di peso può cominciare a girare.
«È un sogno che si realizza», ha confidato Recaldini. «Questa è la storia della nostra famiglia e di centinaia di famiglie che venivano da noi a macinare. Mia mamma, ancora oggi, ogni giorno passa a controllare, io salgo da Brescia quattro giorni a settimana perché il mio cuore è rimasto qui. Quest’anno abbiamo macinato trenta quintali di castagne: erano anni che non succedeva più».
Il mulino Tobia-Recaldini esisteva già a metà del 1700, come conferma la macina in pietra ancora in uso che porta la data del 1762. La nuova ruota, in legno di larice, è stata costruita dalla ditta Pedretti di Bienno: in due settimane, i maghi della valle dei magli hanno assemblato il cerchio che è un capolavoro della meccanica. «Questi lavori fanno parte della natura della nostra azienda», ha spiegato Carlo Pedretti che si è occupato della messa in opera. «In questi anni abbiamo fatto interventi importanti in tutta Italia e con ottimi risultati: ma fare qualcosa per la Valcamonica dà una soddisfazione in più».
Il progetto di restauro del mulino coinvolge anche il Parco dell’Adamello e il Comune di Cimbergo: e, tra i personaggi di questo scorcio da presepe, c’era anche il sindaco del paese. «L’acqua di due piccoli torrenti, da 250 anni, fa vivere il bosco e garantisce la sopravvivenza della montagna - ha detto Gianbettino Polonioli -. Scrivetelo che questo non è un museo statico, ma un luogo vivo che funziona ancora». Un luogo dove la ruota gira e la vita continua.
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