Cantiere al lago Bianco, il sindaco di Santa Caterina: «Errori con il tubo, progetto da rivalutare»
Il tono di voce è più che altro sconsolato: «Sì, hanno sbagliato con il tubo. Doveva spuntare due metri e mezzo sotto la superficie del lago, invece è lì a 50 centimetri». Il che significa che, per come è messo ora, quel tubo non serve allo scopo per cui è stato messo: «Credo sia stato fatto qualche errore. Adesso bisognerà fare della valutazioni. Dovremo capire se sospendere il progetto, se è possibile modificarlo, o se andrà abbandonato».
Le parole del sindaco di Santa Caterina di Valfurva Luca Bellotti arrivano dopo mesi di una protesta che sta viaggiando dalla Valcamonica alla Valtellina e che ha come punto d’incontro il lago Bianco, al Passo Gavia, dove a luglio sono iniziati i lavori per prelevare l’acqua del lago da trasformare in neve artificiale per le piste di Santa Caterina, in provincia di Sondrio.
Bellotti conferma sostanzialmente quanto documentato nelle scorse settimane dal gruppo Salviamo il Lago Bianco, animato da molti bresciani: nei video pubblicati sulla pagina Facebook del comitato si vede chiaramente un tubo molto vicino al livello del lago. È quello che, da progetto approvato in via definitiva nel 2019 con tutte le autorizzazioni del caso, avrebbe dovuto bucare il terreno 2,5 metri sotto la superficie del lago Bianco (più sopra non serve a niente, perché il lago in inverno ghiaccia). E invece è spuntato molto più in alto, pare per difficoltà a trivellare il terreno in quel punto.
Il cantiere è ormai fermo da più di dieci giorni. Gli operai della ditta incaricata degli scavi dalla società Santa Caterina Impianti hanno smontato le reti arancioni attorno all’area, ricoperto il buco con altro terreno e riportato a valle le ruspe. Sabato scorso l’Anas ha chiuso la strada del Passo Gavia per il maltempo, quindi in ogni caso se ne riparlerà in primavera.
Cosa ha detto il sindaco
Intanto per Santa Caterina di Valfurva è tempo di alcune riflessioni. «Posso capire che il cantiere al lago Bianco abbia urtato diverse sensibilità, nonostante il progetto - messo sul tavolo per la prima volta vent’anni fa - abbia ricevuto tutte le autorizzazioni - dice il sindaco Bellotti contattato telefonicamente stamattina -. La domanda che faccio, però, è questa: quale alternativa abbiamo, ad oggi?». Il primo cittadino non si riferisce solo a un altro bacino da cui attingere per portare l’acqua dai 2.606 metri del lago Bianco ai 1.600 metri di quota dove si trovano le piste di Santa Caterina: «Vicina c’è solo la diga artificiale di A2A (parte di una delle centrali idroelettriche della società in Valtellina, ndr)».
Bellotti pensa a un’alterativa allo sci come fonte di sostentamento del paese: «Viviamo da anni un progressivo spopolamento della nostra zona. Il 98% del nostro territorio fa parte del Parco Nazionale dello Stelvio, in cui vige giustamente una serie di limitazioni. Quello che ci piacerebbe è valorizzare la nostra presenza quasi totale all’interno del Parco, rendendolo il punto forte di attrattività. Ma servono anni, e tanti fondi. Ammettiamo anche di trovarli, nel frattempo però come ci sosteniamo?». Il problema posto dal comune di Valfurva è quindi essenzialmente un tema di sopravvivenza del paese, che conta parecchio sullo sci ed è però, sostiene il sindaco, penalizzato da un tipo di turismo «mordi e fuggi»: «Tantissime persone vengono a sciare da noi perché la neve c’è e quella artificiale resta più che in tanti altri luoghi, ma poi soggiornano a Bormio, che è vicina e offre una serie di servizi in più. Cerchiamo di aiutare le nostre attività e al momento non abbiamo alternative fattibili».
Bellotti vedrebbe bene un turismo incentrato sul Parco Nazionale dello Stelvio, con un centro visitatori valorizzato, cartelli ovunque, un trasporto pubblico per i tour: «Per noi sarebbe un’opportunità fantastica. Ci spiace infatti per la polemica attorno al lago Bianco: siamo gente di montagna e amiamo l’ambiente. Ma, ripeto, per puntare su un altro tipo di turismo ci vogliono tanti soldi, tanti anni per trasformare l’idea in una realtà e una volontà politica condivisa. E intanto che si realizza vogliamo sopravvivere».
Le associazioni ambientaliste
Per le associazioni ambientaliste però intanto il danno è fatto. Sui social continuano a rimbalzare foto, video e post per parlare del cantiere ormai chiuso, e in malo modo. «La terra di scavo è stata malamente riportata all'interno del cratere realizzato, le recinzioni aggiuntive sono state tolte, le ruspe sono tornate a valle - si legge sulla pagina Salviamo il Lago Biancoa -. Il tubo di captazione permane sul pelo dell'acqua del lago e così sarà sicuramente inservibile per lo scopo prefissato visto che i primi 30/40cm del lago solitamente ghiacciano in inverno». Un altro video del 13 ottobre, pubblicato sempre sulla pagina Facebook Salviamo il Lago Bianco, documenta perdite d’acqua nel punto in cui è stata inserita la tubazione di presa. «Queste infiltrazioni - si legge in un post di pochi giorni dopo - hanno causato anche un evidente cedimento del terreno antistante il setto di cemento (che comprova la perdita e la distruzione dell'habitat comunitario protetto 6150 già gravemente compromesso dallo scavo retrostante)».
A oggi nessuna delle diffide inviate alle istituzioni a inizio ottobre dal comitato e dall’Osservatorio sul Parco nazionale dello Stelvio, di cui fanno parte associazioni come il Cai, Club Touring Italiano, Wwf e Mountain Wilderness, ha avuto riscontro. Nel frattempo la raccolta fondi lanciata dal comitato Salviamo il Lago Bianco per sostenere le spese legali (oltre alla diffida, hanno depositato anche un esposto in Procura di Sondrio) ha raggiunto i 6.600 euro. Le associazioni continuano a sostenere che il progetto siglato da Comune di Valfurva e Società Santa Caterina Impianti abbia provocato danni ambientali «irreparabili» e si ponga «in aperto contrasto con la normativa, nazionale e comunitaria di settore, oltre con la regolamentazione dell’area, approvata dal Parco e dagli Enti competenti».
Esistono due studi d’incidenza del progetto, del 2016 e del 2018, che per l’Osservatorio però «risultano carenti e inadeguati - si legge nella diffida - in quanto le analisi effettuate non sono conformi né alle linee guida europee del 2000, né alle successive del 2018, né alle linee guida nazionali per la Valutazione d’incidenza del 2019. Né danno evidenza alcuna della peculiare e rafforzata protezione che deriva ai luoghi e agli ecosistemi protetti». In più, prosegue il documento, «gli interventi si configurano come una grave compromissione della Zona a Protezione Speciale Parco Nazionale dello Stelvio e della Riserva Naturale Statale Tresero-Dosso del Vallon».
I gruppi ambientalisti promettono di tenere alta l’attenzione sul tema. E intanto, per i prossimi rilievi, bisognerà aspettare la fine dell’inverno.
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