La ricercatrice bresciana al Cnr: «Resto in Italia perché mi ha permesso di studiare»

Marco Papetti
Sonia Freddi lavora al Consiglio nazionale delle ricerche dopo varie esperienze universitarie all’estero: «Il limite del nostro Paese è la precarietà lavorativa»
La ricercatrice bresciana Sonia Freddi - Foto © www.giornaledibrescia.it
La ricercatrice bresciana Sonia Freddi - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Il suo curriculum di studi e un progetto di ricerca all’avanguardia su un «naso elettronico» per rilevare la concentrazione di molecole di gas nell’ambiente, con importanti applicazioni in diversi campi, le avevano aperto opportunità all’estero, ma Sonia Freddi, ricercatrice bresciana laureata in Fisica all’Università Cattolica, ha scelto di rimanere in Italia.

«Dopo la laurea – racconta – ho fatto un anno da assegnista di ricerca all’Università di Tor Vergata di Roma, poi un dottorato internazionale di quattro anni con doppio titolo, in Fisica alla Cattolica e in Chimica a Lovanio in Belgio. Quando ho finito mi sono state offerte posizioni in Australia e in Spagna, ma alla fine ho accettato quella del Cnr (Consiglio nazionale di ricerche) di Milano».

All’istituto di Fotonica e Nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche di Milano Freddi lavora da circa un anno, e grazie a un finanziamento vinto di Fondazione Cariplo per il prossimo triennio potrà occuparsi delle applicazioni mediche del progetto naso elettronico, a suo tempo raccontato dal Giornale di Brescia.

Così spiega la scelta di restare in Italia: «La motivazione principale è che durante il mio percorso universitario ho sempre studiato grazie a borse di studio. Se ho potuto studiare e ricevere la formazione che ho ricevuto è grazie all’Italia e ai fondi italiani. Ma credo anche che ricerca e istruzione in Italia siano molto competitive: possono dare tanto e mi piace l’idea di restituire al mio Paese quello che ho ricevuto attraverso la formazione, che secondo me è a livelli molto alti».

Grazie all’esperienza belga ha potuto però farsi un’idea del mondo accademico al di là delle Alpi: «Sono ambienti più multiculturali – dice –, poi ho avuto l’impressione che ci sia un accesso ai fondi più libero e con procedure meno selettive rispetto all’Italia».

Per Freddi, che a fine giugno riceverà il premio «Dario Nobili» del Cnr per la miglior tesi di dottorato Stem in Italia, il vero limite del nostro Paese è la precarietà: «Le posizioni post-doc, come gli assegni di ricerca, si riescono ancora ad avere, ma quando si parla di stabilizzazione è più complicato che all’estero». 

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