Intercultura a Brescia: come vivono i giovani di seconda generazione
Cosa significa intercultura? Secondo alcuni giovani di origini straniere di seconda generazione questa parola rappresenta la vita che stanno vivendo oggi, fatta della cultura della propria famiglia e di quella dello Stato in cui vivono. Significa «vedere la compagna di classe uscire il sabato sera con gli abiti tradizionali del Paese d’origine», «capirsi pur parlando lingue diverse», «un incontro e uno scontro», «un intrigo di fili colorati che si intrecciano per dar forma a qualcosa».
Il video
Lo dicono in un video dodici giovani intervistati da due studentesse del Dams dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Teresa Perini e Amina Zahhar, dal titolo «Intercultura: il passo dei giovani», realizzato in collaborazione con la Diocesi e la Fondazione Comunità e Scuola e presentato nel corso di un incontro che si è svolto ieri mattina all’ateneo di via Trieste, presente anche il vescovo.
Monsignor Pierantonio Tremolada è rimasto molto colpito dalla «spontaneità e dalla freschezza dei ragazzi nel raccontare la loro storia, la loro esperienza di intercultura, realmente vissuta, sia dal punto di vista interiore sia da quello del rapporto con l’esterno, confrontandosi con ciò che gli altri hanno da offrirci. E questa è la dimensione sociale dell’intercultura, che si fa armonia del molteplice».
Le parole
Se non si vedessero le immagini del video ma si ascoltassero solo le loro voci, si stenterebbe a riconoscere chi tra i dodici sia italiano e chi invece di origine straniera. Parlano tutti la nostra lingua perfettamente, addirittura con accento bresciano, e con le due autrici si sono aperti raccontando le loro difficoltà iniziali, la solitudine provata appena arrivati in Italia, ma anche la ricchezza del vivere «doppi», arricchiti dalle diverse culture che conoscono.
Le loro parole e le loro considerazioni hanno molto colpito il vescovo «per la profondità espressa. Mi pare – ha aggiunto monsignor Tremolada – che un’esperienza come questa sia preziosa. Nel loro percorso ho individuato quattro parole guida: rispetto reciproco, conoscenza, condivisione e amicizia, nella sua dimensione sociale. La molteplicità culturale è un valore, ed è ciò che vorremmo per la nostra città e la nostra Diocesi. Ragazzi come questi – ha sottolineato il vescovo – ci dimostrano che è possibile raggiungerla».
La città
Brescia per molti di questi giovani è sì multiculturale, ma non è ancora interculturale. Ha le possibilità per diventarlo «se ci saranno rispetto e inclusione», perché il terreno è fertile, soprattutto nelle nuove generazioni, come il video di Teresa e Amina dimostra.
Certo, la strada è ancora lunga e complessa, soprattutto se si vive in una società in cui «i media non raccontano la complessità del fenomeno migratorio che stiamo vivendo ma lo rappresentano come una emergenza continua – ha spiegato la giornalista Anna Pozzi che per Carta di Roma monitora le prime pagine dei quotidiani e i telegiornali principali –. Uno dei temi più affrontati nel 2023 è stato quello dei flussi migratori, ma è tornata la parola "clandestino" e all’argomento migrazione si associa spesso quello della criminalità e della sicurezza».
I media
A parlarne di più sono i politici che lo fanno per propaganda e con stereotipi, pochi media fanno invece parlare i migranti e danno notizie positive di inclusione e interculturalità.
Mentre, come affermato dal direttore della sede di Brescia dell’Università Cattolica, Giovanni Panzeri, il video realizzato va proprio «nella direzione del dialogo e del contrasto alla disinformazione e ai luoghi comuni».
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