Covid, UniBs sviluppa un anticorpo monoclonale 100 volte più potente
Sviluppato un anticorpo monoclonale di nuova generazione che, a basse concentrazioni, si lega alla proteina Spike del virus Sars-Cov-2 con una potenza almeno 100 volte superiore a quella degli altri anticorpi attualmente disponibili, neutralizzando un'ampia gamma di varianti (Omicron inclusa). Il risultato è pubblicato su Cell Reports da un team internazionale che comprende le università di Roma Tor Vergata, Brescia, Washington e Toronto.
La tecnologia impiegata dai ricercatori ha consentito di sviluppare una piattaforma robusta e modulare per la produzione rapida di anticorpi monoclonali di nuova generazione che superano di gran lunga quelli tradizionali e aprono a nuove applicazioni preventive. Secondo gli autori dello studio, l'infusione di questi anticorpi monoclonali prima dell'esposizione al virus o come profilassi dopo l'esposizione può offrire una protezione immediata dall'infezione che potrebbe durare settimane o mesi.
I commenti
«La progettazione, lo sviluppo e la produzione di anticorpi monoclonali di nuova generazione è urgente per disporre di terapie mirate e immediate: gli anticorpi monoclonali potrebbero limitare la progressione della malattia durante l'infezione precoce, soprattutto per l'emergere di nuovi varianti che sfuggono ai vaccini», osserva Giuseppe Novelli, genetista dell'Università di Roma-Tor Vergata. «Dobbiamo pensare a lungo termine», aggiunge Arnaldo Caruso dell'Università di Brescia.
«L'emergenza di nuove varianti capaci di evadere l'immunità acquisita naturalmente o a seguito di vaccinazione rende necessario lo sviluppo sempre più rapido di monoclonali neutralizzanti. La pronta disponibilità di questi anticorpi in grado di contrastare tali nuove varianti permetterà non solo di potenziare una eventuale terapia con farmaci antivirali specifici, rendendo il decorso della malattia più lieve e di breve durata, ma anche di proteggere per lungo tempo e in maniera efficace tutti quei pazienti immunocompromessi o fragili che non rispondono alla vaccinazione». La ricerca è stata realizzata grazie ai finanziamenti di Fondazione Roma e del Ministero Università e Ricerca.
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