Università

La classe virtuale che connette studenti bresciani e palestinesi

Si è concluso il «Building bridges: Italy meets Palestine», lo scambio culturale che ha coinvolto gli studenti dell’Università Cattolica di Brescia e dell’Università di Betlemme
La videochiamata con gli studenti dell'Università di Betlemme - © www.giornaledibrescia.it
La videochiamata con gli studenti dell'Università di Betlemme - © www.giornaledibrescia.it
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Si chiamano COIL (Collaborative Online Internazional Learning) e il loro scopo è avvicinare gli studenti dell’Università Cattolica ai colleghi universitari di diversi Paesi nel mondo. Uno scambio virtuale che però vuole essere un surplus: non solo migliorare le competenze dei ragazzi ma soprattutto favorire il rispetto delle tradizioni straniere e promuoverne così un dialogo interculturale

Tra i diversi COIL ne spicca uno, il più recente: il «Building bridges: Italy meets Palestine», un progetto realizzato dall’Università Cattolica di Brescia in collaborazione con l’Università di Betlemme in Palestina. A prendere parte dell’iniziativa 18 studenti bresciani del corso triennale di scienze linguistiche e letterature straniere insieme a 30 colleghi palestinesi.

Il progetto

II programma nasce quest'anno e vuole essere un modo semplice e immediato di avvicinare studenti palestinesi e bresciani, creando una vera e propria classe internazionale.  

«L’idea è nata grazie a una collega, Amanda Murphy, coordinatrice di linguistica inglese del nostro dipartimento». A parlare è Chiara Canova, docente di lingua inglese dell’Unicatt di Brescia. «Qualche anno fa è andata a visitare l’Università di Betlemme e ha scoperto un mondo straordinario – dice –. Una realtà cattolica che ospita al suo interno studenti di ogni religione: musulmani, cattolici e protestanti». L’ossimoro della guerra, si potrebbe aggiungere. «Ne è rimasta subito colpita».

E così, presa una penna e firmato un foglio, l’accordo per il COlL è stato presto fatto. «Con grande sorpresa, l'iniziativa è stata accolta positivamente dai nostri studenti che non hanno esitato a iscriversi. La nostra idea – continua –  era quella di cercare di abbattere i pregiudizi imposti dai media sulla Palestina, e sul mondo arabo in generale. È importante che i ragazzi conoscano con i loro occhi la realtà che li circonda».

Grande successo quindi per il «Building bridges: Italy meets Palestine», motivo per cui sarà proposto anche l’anno prossimo. «Le 7 settimane del progetto (iniziate il 24 febbraio e terminate l’8 aprile) hanno avuto esito positivo – dice Chiara Canova –. Gli obiettivi preposti sono stati raggiungi e quindi perché non riproporlo?».

Gli scambi virtuali

Il COIL si caratterizza per programmi di virtual exchange ossia sessioni online di interazioni costruttive, realizzate grazie al supporto degli educatori.

Ma perché virtuali e non fisici? A spiegarne le ragioni, la professoressa Canova: «Lo scopo è quello di rendere i progetti COIL inclusivi, vale a dire alla portata di tutti. Ci sono ragazzi che per motivi economici non riescono a permettersi il viaggio. Rendendolo online, si consente a un numero cospicuo di studenti di beneficiare delle esperienze internazionali come parte della loro istruzione».

La metodologia virtuale si è dimostrata nel corso degli anni efficace, diventando un elemento capace di complementare gli scambi fisici. Non solo: «A differenza dello scambio culturale fisico, il virtual exchange è un modo diretto e semplice di connettersi con persone dall’altra parte del mondo»

Le esperienze dei ragazzi

Tra i ragazzi che hanno fatto parte dello scambio, Luca Mattei, 19 anni, di Rodengo Saiano. «Non sono mai stato così vicino al Medio Oriente come in questi mesi – racconta –. Avere la possibilità di conoscere i miei coetanei palestinesi con tale facilità è qualcosa di incredibile. È questo il bello dello scambio virtuale». 

L'intervistato Luca Mattei - © www.giornaledibrescia.it
L'intervistato Luca Mattei - © www.giornaledibrescia.it

Per Elena Brunori, diciannovenne di Gardone Val Trompia, la difficoltà maggiore è stata la comunicazione: «La barriera linguistica non è stata un elemento indifferente. L’inglese non era nè la nostra nè la loro prima lingua. E questo ha comportato alcune complicazioni all’inizio».

L'intervistata Elena Brunori - © www.giornaledibrescia.it
L'intervistata Elena Brunori - © www.giornaledibrescia.it

«Quello che mi ha colpito di questa esperienza è stata la mia non conoscenza». Chi parla è Lorenzo Rubini, coetaneo di Luca. «Mi spiego meglio: quando si sente parlare del mondo arabo, spesso si ha magari la tendenza a pensare che siano chiusi nel loro mondo. Non so, che mangino solo cibo arabo o abbiano gusti musicali legati alla loro tradizione. E invece mangiano pasta e ascoltano Sanremo».

L'intervistato Lorenzo Rubini - © www.giornaledibrescia.it
L'intervistato Lorenzo Rubini - © www.giornaledibrescia.it

Anche Rachele Gallina, 20 anni, di Salò è rimasta sorpresa dallo scambio culturale. «Ho scoperto molti aspetti della cultura palestinese che ignoravo – dice –. In più ho stretto amicizie con diversi di loro e un domani ci piacerebbe incontrarci tutti insieme». 

L'intervistata Rachele Gallina - © www.giornaledibrescia.it
L'intervistata Rachele Gallina - © www.giornaledibrescia.it

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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