Se la maglietta bianca diventa contenitore d'arte
Davide Bignami ha passato l’adolescenza in Canada; tornato a Brescia, è diventato pittore. Un giorno stava proiettando uno dei suoi quadri e un amico, passando, ha intercettato l’immagine, che è apparsa sulla sua maglietta bianca. Un’illuminazione. «Ho iniziato a considerare l’arte su maglietta - racconta - era il 1992 e andavano di moda le finte t-shirt dei college americani. Lì la gente le indossa perché frequenta davvero quelle scuole, ma in Italia non hanno alcun significato. Così ho pensato di inserire scritte italiane».
Le sue prime produzioni citano cantautori come Battiato e Fossati, con disegni racchiusi in un riquadro, ben visibili anche a distanza. Altre magliette, con scritte minute e immagini enigmatiche, vanno invece osservate da vicino.
È il caso della «Go Vegan», T-shirt dove è rappresentata una moderna famiglia di… insetti. «L’idea è affinare lo sguardo, cogliere i dettagli. Spesso non si presta attenzione a ciò che ci circonda», dice.
Eppure, l’arte può nascondersi intorno a noi e svelarsi sul capo di abbigliamento più economico e popolare. Bignami la pensa così: «La pop-art svuota di significato l’opera d’arte riproducendo l’oggetto artistico, commercializzandolo. Io mi baso sull’idea opposta. Le magliette, oggetti commerciali e riproducibili, si riempiono di significato grazie all’idea artistica e la diffondono». Bignami fino a stasera è alla festa di Radio Onda d’Urto.
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