Cultura

Pam pam: vent'anni di musica con Aldo Bicelli

Attivo da una ventina d'anni, Aldo Bicelli ha formato generazioni di piccoli appassionati di musica seguendo la teoria Gordon
Aldo Bicelli - Foto Roberto Ricca
Aldo Bicelli - Foto Roberto Ricca
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Ba. Pa. Pam pam. Paa pam pam. No, non siamo impazziti. Se li pronunciate, sono suoni basilari che tutti noi, nella vita, abbiamo pronunciato. Da piccoli, presumibilmente, quando ancora non eravamo entrati nel magico mondo del linguaggio codificato. Delle parole, insomma.

C’è chi, con questi suoni, ha cresciuto musicalmente diverse generazioni di bresciani nel corso degli ultimi vent’anni. Facendo due rapidi calcoli, sono un migliaio i bambini passati dai corsi di Aldo Bicelli per imparare il primo approccio alla musica. Quello istintivo, naturale, fisico. 

Per le lezioni, organizzate prima in scuole e ora in diverse strutture di città e provincia, Bicelli segue la Teoria Gordon, conosciuta nel 2006 e mai più abbandonata. In precedenza, insegnava utilizzando tecniche di animazione musicale destinate ai più piccoli, poi è arrivata per l’appunto la Music Learning Theory di questo professore statunitense decisamente fuori dagli schemi, Edwin Gordon, che aveva passato decenni a osservare il modo in cui i bimbi dagli zero ai sei anni si rapportavano con i suoni. 

 

Aldo Bicelli all'ukulele - Foto Roberto Ricca
Aldo Bicelli all'ukulele - Foto Roberto Ricca

 

«Ci sono diverse teorie musicali che si possono usare - spiega Bicelli, oggi quarantacinquenne -. Ciò che mi attirava in Edwin Gordon era che la sua ricerca era stata portata avanti con grande passione, costanza e dedizione fin dagli anni Ottanta». 

Formatore professionista, percussionista (ha contribuito a fondare gli Appel), chitarrista e suonatore di ukulele, Bicelli fa passare il suo messaggio per lo più senza strumenti. «Questa teoria è molto semplice, ha tre capisaldi: voce, movimento e silenzio. La voce è intesa come relazione con le persone, se ci pensate la prima cosa che un bambino sente e impara a riconoscere è proprio la voce della mamma. Il movimento è un modo per apprendere, in generale, ed è un veicolo per vivere il suono in maniera autonoma. Il silenzio, invece, è lo spazio che si lascia al bambino per pensare la musica internamente». 

Questi tre elementi sono stati fusi da Gordon, scomparso nel 2015, nel concetto di audiation, una sintesi tra audio e action. Contrabbassista classico di formazione, appassionato di jazz, il professore è andato alle radici del nostro rapporto con la musica. «Se pensate a un bambino, dopo le prime vocali inizia a emettere suoni come ba, pa o pam. Usando "pam", riproducibile da tutti, si costruiscono frasi con cui si può imparare la parte ritmica e la parte melodica».

 

Uno degli incontri di Aldo Bicelli con bambini e genitori
Uno degli incontri di Aldo Bicelli con bambini e genitori

 

Le lezioni di Aldo Bicelli sono sostanzialmente sezioni di gioco in gruppi ristretti di bambini fino ai sei anni, in cui non si parla, ma si canta soltanto. Il bello, fino ai tre anni circa, è che partecipano anche i genitori. Le sue sequenze musicali, basate sulla ripetizione di «pam», vengono per così dire respirate dai bambini, che si ritrovano poi a ripeterle in maniera molto naturale.

«Non capita subito, naturalmente, ma il bambino sviluppa il senso del ritmo e l’intonazione. Inoltre migliora la capacità di ascolto in generale, e lo dico a livello relazionale, non strettamente musicale». Giovedì 11 aprile, alle 20.30, Bicelli entrerà nei dettagli della teoria di Gordon nella biblioteca di Ome. Nel frattempo ha anche realizzato un album, assieme a Federica Braga e Claudia Veronese, costruito come una naturale prosecuzione di ciò che accade durante gli incontri con i bambini. Il progetto si chiama Mimù ed è distruibuito nella Libreria dei ragazzi di Brescia e in quella di Milano. 

«Quando incontrai Gordon, mi ricordo che ci disse di sperimentare, di non fermarci alla teoria, di aggiungere ciò che sentivamo». A giudicare dal risultato, Bicelli ha ascoltato a fondo l’insegnamento del maestro e, a sua volta, è riuscito a trasmettere questa passione in altri piccoli allievi, in diversi casi diventati ormai grandi. E l’importante non è diventare per forza un musicista, «ma un adulto a suo agio con la musica, una persona che sappia capirla», dice Aldo. Il che, in tempi di grande pressione sui nostri figli, da cui ci aspettiamo prodigi in qualsiasi campo, è quasi rivoluzionario. 

 

 

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