Cultura

Nel 1932 se ne andò Girolamo Orefici, politico e avvocato

Fu sindaco di Brescia tra il 1906 e il 1912: tra le tante opere fece costruire i sottopassi di Porta Stazione e Porta Cremona
Girolamo Orefici visto dal vignettista Luca Ghidinelli - © www.giornaledibrescia.it
Girolamo Orefici visto dal vignettista Luca Ghidinelli - © www.giornaledibrescia.it
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Lo spazio che accoglie le vignette «in punta di matita» firmate da Luca Ghidinelli aggiunge un tocco nostrano e si fa guida alla scoperta (o riscoperta) di figure di oggi e di ieri di figli della Leonessa ai quali in occasione di ricorrenze più o meno note il vignettista bresciano dedica una sua tavola. E attraverso essa - che si guardi alla storia o al mondo dello sport, agli spettacoli o alla politica - i lettori possono con un sorriso rinnovare ricordi e conoscenze tutti squisitamente di marca bresciana.

A Brescia il 3 dicembre 1932 muore Girolamo Orefici, politico e avvocato bresciano, nonché sindaco della Città tra il 1906 ed il 1912 e deputato alla Camera tra il 1924 ed il 1929. Aderì in giovane età al movimento politico della sinistra bresciana che faceva capo a Giuseppe Zanardelli. Nel 1899 partecipò alle elezioni comunali. Fu eletto però tre anni dopo consigliere provinciale, incarico che mantenne sino al 1914.

Nel 1906 i liberali zanardelliani raggiungendo un accordo con i repubblicani ed i socialisti vincono le elezioni comunali ed il primo dicembre di quell'anno, il Consiglio comunale. con 43 voti favorevoli su 53, elesse Girolamo a Sindaco. Numerose furono le decisioni della giunta, in nome della necessità di dare alla città un'impronta moderna, commerciale ed industriale. 

Favorì l'industrializzazione, fece abbattere le mura venete, allargò le strade di circonvallazione e fece costruire i sottopassi di Porta Stazione e Porta Cremona.
Completò la municipalizzazione delle tranvie cittadine, fondando il primo nucleo di servizi municipalizzati e nel 1909 municipalizzò anche la produzione di energia elettrica.
Per dare slancio alla città istituì l'assessorato al lavoro ed all'edilizia popolare. Con i soldi ricevuti dal nuovo piano regolatore edilizio ottenne le risorse per trasformare in parco pubblico l'area intorno al Castello, dove fondò il giardino zoologico.

Il cammino verso una politica nazionale e "romana" era segnato. Nel 1919 partecipò alla fondazione della Unione Democratica Bresciana, con la quale si candidò alle elezioni politiche, ma non fu eletto. Nelle elezioni politiche del 1924, in piena era fascista, aderì alla Lista Nazionale, di ispirazione mussoliniana. Nel discorso di presentazione disse che il movimento fascista avrebbe difeso quei principi democratici e liberali che avevano contrassegnato la sua giunta ed a nome dell'Unione democratica intavolò trattative con fascisti e moderati per organizzare le elezioni comunali e provinciali che si sarebbero dovute tenere il 13 luglio.

Trattative che vennero sospese con la morte di Giacomo Matteotti e per le quali fu sfiduciato e fu costretto a dimettersi dall'Unione e dal Club liberale zanardelliano. Mantenne la carica di deputato e sostenne il governo Mussolini, le «leggi fascistissime» e il passaggio al sistema podestarile nelle amministrazioni locali. Morì a Brescia il 3 dicembre e le spoglie riposano nel cimitero Vantiniano.

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