Musica Jazz incorona il trombettista bresciano Gabriele Mitelli
Il Miglior nuovo talento italiano per «Musica Jazz» è il trombettista bresciano Gabriele Mitelli. Lo hanno scelto i critici musicali ed altri esperti interpellati in autunno dalla prestigiosa rivista e il risultato è stato pubblicato nel primo numero del 2018. Quasi un regalo di compleanno, per Mitelli, che si appresta ad entrare nell’età dei 30, tra maturità e slancio.
Già da tempo la rivista «Musica Jazz» lo stava tenendo sotto osservazione. E in marzo aveva titolato un’intervista realizzata tra le colline della Franciacorta «Un elogio all’imperfezione», secondo le parole dello stesso Gabriele: «Non sono un musicista versatile, sia per pigrizia sia perché suono soltanto ciò che mi appassiona e mi piace». Parole che tornano, mentre commenta il riconoscimento ottenuto. Si dice, naturalmente, «molto felice», ma soprattutto perché ciò è avvenuto con una musica di ricerca, frutto anche «di scelte radicali». E se, naturalmente, la visibilità che può garantire l’essere definito Miglior nuovo talento italiano offrirà più ampie possibilità di circuitazione ad una proposta che non è tra quelle più richieste dalla maggior parte dei festival, Mitelli garantisce, prima di tutto a se stesso, che dal punto di vista professionale continuerà a lavorare lungo la linea intrapresa.
Del resto, il 2017 ha visto i suoi primi concerti «in solo»: «Un contesto difficilissimo, ma al quale sono molto legato perché regala molti stimoli e perché è come fare una risonanza magnetica: esce tutto, ti dà il senso di quello che sei e di dove sei arrivato». Un «dove» che - se i frutti sono quelli della notizia dalla quale siamo partiti - significa «che qualcosa sta cambiando, anche nei confronti di una musica che talvolta si può considerare estrema. E che si sta ben operando».
Mitelli si definisce «una persona che quando vuole una cosa e la sente con la giusta purezza ha energie da trasmettere a chi lavora con lui». E più volte, nel riferirsi ai musicisti coi quali collabora, parla di «famiglia», a cominciare da Cristiano Calcagnile e Pasquale Mirra. Gabriele è uno dei più giovani artisti dell’etichetta discografica Parco della Musica Records e partecipa a Multikulti, lavoro incentrato sulla musica di Don Cherry. A proposito: se è con Enrico Rava che il musicista bresciano si è accostato, da ascoltatore, alla tromba, le affinità declinate sono, oggi, quelle con lo stesso Cherry, Roscoe Mitchell, Henry Threadgill... Con la Donà. Con Calcagnile, Mitelli ha diviso anche il tour di «Tregua» di Cristina Donà, «una delle più belle voci italiane».
«Lì - racconta - si sono creati rapporti che poi sfociavano in una potenza unica al momento dei concerti. Concerti nei quali, in ogni caso, ho potuto essere me stesso». Nell’occasione Gabriele ha anche posto le basi per un rapporto con Davide Sapienza, marito della Donà: «Stiamo preparando un lavoro di letture e musica in un ambiente sonoro molto improvvisato e libero».
È solo uno dei programmi per il 2018. Presto verrà presentato «Indica», progetto per Brescia con laboratori, guide all’ascolto, concerti e mostre sino a maggio (con il già citato Calcagnile, Nino Locatelli, Luca Canini e Luigi Radassao). A marzo Mitelli sarà in tour tra Italia e Svizzera, in una formazione col saxofonista Ken Vandermark. Ha vinto il bando Siae e Midj per le residenze all’estero «Air» e trascorrerà un mese all’ambasciata italiana di Lisbona. Tornerà la rassegna in Franciacorta. Vedremo i frutti dei dischi registrati a Venezia, alla Biennale, in duo con il pianista inglese Alexander Hawkins e con The Elephant (trio, con Calcagnile e Mirra, e quintetto, con Jeff Parker e Rob Mazurek)... Il resto verrà. E sarà molto. Come si addice ad un Miglior nuovo talento.
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