Malate di tumore al seno, in posa per «Terra ferita»
Una delle donne ritratte nelle fotografie è morta due giorni prima dell’inaugurazione della mostra: Barbara Baldassarri, l’autrice del libro «Andrà tutto bene... ho il cancro», aveva fatto della sua malattia un’occasione di testimonianza e continua a farlo anche adesso che non c’è più. Se il cancro può stroncare una vita, segnarla o cambiarla radicalmente, che effetto hanno i tumori su una comunità in cui le esperienze di malattia si sommano e si intrecciano, diventando (purtroppo) patrimonio comune? È una domanda troppo grande per trovare risposta in una mostra, ma «Terra ferita», allestita alla Image Academy di corso Garibaldi 16 con fotografie di donne malate, realizzate da Stefania Zambonardi, serve almeno a non rimuoverla. A non rinchiudere cioè il tema del cancro in una dimensione privata, dandogli una valenza sociale attraverso una forma di espressione artistica.
Oggi e domani sono gli ultimi due giorni in cui è possibile visitarla (dalle 17.30 alle 19.30), poi Legambiente, che l’ha organizzata, intende riproporre la mostra in luoghi e momenti diversi per non disperderla. Dalla sua apertura, il 16 maggio scorso, è stata visitata alcune centinaia di persone. Non è la prima volta che si affronta con la fotografia il tema delle conseguenze dell’inquinamento in città: lo scorso anno l’artista bresciano Filippo Minelli aveva raccontato al Link Point il proprio percorso attraverso il linfoma non Hodgkin, correlato all’inquinamento da pcb, mentre Stefania Zambonardi ha ritratto otto donne malate di tumore al seno in alcuni luoghi simbolo: la Caffaro, le cave di San Polo-Buffalora, il Termoutilizzatore e l’Alfa Acciai, la discarica di amianto di San Polo, le cave di San Polo-Buffalora, l’ex cava Piccinelli, il fiume Mella o una strada trafficata. Aria, acqua, terra: elementi avvelenati in modi diversi, con riflessi diretti sulla salute delle persone.
«Il rapporto Sentieri parla di un rilevante aumento dell’incidenza di alcune patologie tumorali, tra cui il cancro al seno, nel territorio bresciano. Abbiamo voluto realizzare questi scatti per raccontare di alcune situazioni critiche, non una denuncia, ma la possibilità di comprendere che prendersi cura dell’ambiente vuol dire prendersi cura di tutti noi». Così si legge nella pagina facebook della mostra in cui l’inquinamento viene mostrato nei volti e sui corpi delle donne, tolto da quell’ambito astratto che rischia di farlo apparire lontano, ininfluente. Non a caso, nell'immagine scelta per rappresentare la mostra, una donna mostra le braccia con la scritta: «Brescia apri gli occhi». Perché, come ribadisce la presentazione di «Terra Ferita», «i rischi più grandi sono l’ignoranza, la mancanza di consapevolezza, l’indifferenza e l’ipocrisia».
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