Cultura

La serie su San Patrignano sta già facendo molto discutere

SanPa: Luci e Tenebre di San Patrignano è la prima docu-serie originale italiana di Netflix
La locandina di SanPa, luci e tenebre di San Patrignano - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
La locandina di SanPa, luci e tenebre di San Patrignano - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
AA

Più tenebre che luci su San Patrignano nella docu-serie a tema di Netflix. Questo secondo la stessa Comunità fondata nel 1978 da Vincenzo Muccioli a Coriano, in provincia di Rimini, che oggi - a pochi giorni dall'uscita della serie sulla piattaforma, preceduta da un battage pubblicitario notevole - interviene per dissociarsi «completamente» dalla produzione. Perché il racconto che ne emerge, secondo una nota della comunità, è «unilaterale», «sommario e parziale», con una narrazione focalizzata «in prevalenza» su «testimonianze di detrattori».

SanPa: Luci e Tenebre di San Patrignano è la prima docu-serie originale italiana di Netflix, di Produzione 42, approdata il 30 dicembre sulla piattaforma streaming per una platea di 190 Paesi. Scritta da Carlo Gabardini, Gianluca Neri, Paolo Bernardelli e diretta da Cosima Spender, è stata realizzata con 25 testimonianze, 180 ore di interviste e immagini tratte da 51 differenti archivi. Il lavoro apre una riflessione sulla controversa comunità di recupero dalle tossicodipendenze che fin dagli esordi ha spaccato l'Italia, vista da molti come un paradiso e da altri come un cupo inferno pieno di nefandezze.

La serie ripercorre in cinque episodi il ventennio di gestione di SanPa da parte di Muccioli, dal 1978 al 1995, anno della sua morte, offrendo uno spaccato del contesto sociale, economico e politico del Paese di allora. Uno sforzo che la Comunità boccia senza concedere attenuanti, tanto da intervenire per «dissociarsi completamente». Per San Patrignano il racconto che emerge dalla serie «è sommario e parziale, con una narrazione che si focalizza in prevalenza sulle testimonianze di detrattori, per di più, qualcuno con trascorsi di tipo giudiziario in cause civili e penali conclusesi con sentenze favorevoli alla Comunità stessa, senza che venga evidenziata allo spettatore in modo chiaro la natura di codeste fonti».

La Comunità spiega di aver ospitato «per trasparenza e correttezza» la regista, che «è stata libera di parlare con chiunque all'interno della comunità». Le è stato fornito anche un «ampio ventaglio di persone che hanno vissuto e o tuttora vivono a San Patrignano» ma «tale elenco è stato totalmente disatteso, ad eccezione del nostro responsabile terapeutico Antonio Boschini», per «lasciare spazio ad un resoconto unilaterale che paia voler soddisfare la forzata dimostrazione di tesi preconcette». San Patrignano ricorda di aver fin dall'inizio espresso «preoccupazione» per gli effetti «che un prodotto televisivo di ricostruzione delle vicende trascorse all'interno della comunità, se non ricostruite e presentate in maniera equilibrata e adeguatamente contestualizzate, poteva avere sulla odierna realtà di San Patrignano, con i suoi oltre mille ospiti».

Evidenzia «spettacolarizzazioni, drammatizzazioni e semplificazioni» di «un prodotto chiaramente costruito per scopi di intrattenimento commerciale più che di seria ricostruzione documentaria» e teme che questo ricada su persone e famiglie che affrontano il problema della tossicodipendenza. «Persone - ribadisce la comunità - alle quali San Patrignano ha sempre aperto le proprie porte e accolto gratuitamente in un programma terapeutico basato su principi e metodi molto distanti da quelli descritti nella docu-serie».

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Condividi l'articolo

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato