«Giorni della merla»: perché si chiamano così
Se gennaio fosse sempre come quello che va morendo, solatio, mite, perfino gradevole, i merli sarebbero ancora… bianchi.
Per secolare tradizione, il 30 e 31 gennaio, con l’aggiunta del 1° febbraio, sono detti «I giorni della merla», ritenuti i più freddi dell’anno.
In virtù d’una secolare leggenda questo volatile, ormai inurbato, in origine esibiva un piumaggio candido come la neve e ne andava fiero, non mancando di pavoneggiarsi ad ogni occasione. Gennaio regalava i suoi ultimi giorni soffusi d’un tepore primaverile e il merlo lo sbeffeggiava a cinguettii sarcastici per il fatto che l’inverno stava finendo senza che ci fosse stato il grande gelo.
Gennaio, allora, s’arrabbiò e decise di raggelare tutto per tre giorni, ma ne disponeva soltanto di due per cui andò in prestito di uno da febbraio. Calò il gran gelo, il merlo bianco non trovò di meglio che rifugiarsi in un camino e dopo i tre fatidici giorni, se ne uscì tutto nero, colore che gli rimase impresso per sempre. La vendetta di gennaio fu davvero feroce e lasciò un segno permanente sul volatile e su tutti i suoi successori.
La leggenda ha assunto variazioni fantasiose a seconda delle città e delle regioni. Nel Bresciano è questa del camino, ma ovunque segnava la sostanziale fine dell’inverno, tanto che, al 2 febbraio incalzava il detto: «A la candelora de l’inverno semo fora». Quest'anno - ma già da tempo - gennaio è tornato alle leggendarie origini semi primaverili con l’Uomo in affannosa ricerca delle cause e dell’impossibile rimedio, a prescindere dal merlo. E un altro brandello di poesia se n'è va…
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