«GestoZero»: 40 artisti bresciani riflettono sulla pandemia
Mani che plasmano, mani che cuciono, mani che stringono, che disegnano, che misurano, che indicano, scattano. Mani che tracciano, imprimono, si sporcano, mani ferme, che attendono, il gesto in potenza. Documenta il lavoro condotto durante i mesi di lockdown da parte di 71 artisti contemporanei bresciani e non solo - senza pretese di assolutezza, ma rispondendo piuttosto alle logiche della «call to action» - la mostra «GestoZero. Istantanee 2020», che ha inaugurato al Museo di Santa Giulia, in città. Itinerante. Prima tappa di un progetto itinerante, le cui prossime fermate saranno il Museo del Violino a Cremona (in autunno) e l’Ex Chiesa di Santa Maria Maddalena a Bergamo (primavera 2021), il cuore della mostra è una raccolta di 71 scatti fotografici in bianco e nero raffiguranti mani, in cui ciascun artista ha immortalato un’azione rappresentativa del proprio «modus operandi», per documentare così la gestazione del lavoro artistico dal concepimento alla realizzazione concreta.
Quattro sale, rispettivamente dedicate al «grado 0» dell’arte, alla dimensione intimista del paesaggio (spesso interiore), al concetto di passato che è memoria e alla gestualità: al fianco delle fotografie il percorso è punteggiato da una selezione di 41 opere d’arte visuale - pittura, scultura, fotografia, video, realizzate durante il periodo d’isolamento sociale -, manifestazioni concrete di quella vocazione al «fare nonostante», e in cui gli artisti - sismografi del loro tempo - hanno cristallizzato sentimenti e memoria di un vissuto che è personale e collettivo al tempo medesimo. Oltre 40 gli autori bresciani rappresentati, tra questi: Annamaria Gallo, che ha trasformato in sindoni di quotidianità scampoli di carta oleata impressionata con bruciature di fondi di pentola, Eros Mauroner che ha assemblato nature morte con gli oggetti che lo hanno accompagnato durante il lockdown, Silvia Inselvini e Luca Macauda, nelle cui tanto fitte quanto raffinate distese di segni a penna Bic e pastello su carta, si coglie intatta la dimensione di un tempo che ha assunto i connotati di notti senza fine. E ancora: Gabriele Picco che pone l’accento sull’azione sinestetica dell’ascoltare che spesso ha coinciso con un udire amplificato e dismorfico, mentre Albano Morandi ha giustapposto geometrie e colore per creare paesaggi astratti che hanno il sapore di stati d’animo. Poi Ken Damy, maestro della fotografia analogica, ha catturato l’eleganza di ombre e natura attorno al proprio domicilio, mentre Fabio Bix ha modellato sculture da fazzoletti di carta, nel tentativo di «trovare la pace». Risposte variegate, certo, ma giunte in replica ad un’unica domanda. A porla è stato proprio un bresciano, l’artista Maurizio Donzelli (presente in mostra con una tela color oro dall’emblematico titolo «0»), che lo scorso aprile sente l’urgenza di scrivere una riflessione sui drammatici eventi e le note conseguenze che la pandemia ha provocato anche nel settore artistico.
Il risultato è un Manifesto intitolato «GestoZero», che ha inviato agli artisti di Brescia, Bergamo e Cremona (ieri alla vernice quest’ultima era rappresentata da un’assessora), unitamente alla richiesta di realizzare una fotografia delle proprie mani al lavoro.
L’evento pandemico portava in dote il concetto di «fine». È stato invece l’inizio. A maggio 2020 i curatori del progetto creano la pagina Instagram @GestoZero, dove giorno dopo giorno sono pubblicate le immagini raccolte, accompagnate da brevi pensieri degli artisti. «Cosa c’è dopo il gesto zero? Lo abbiamo chiesto a loro ed il mosaico di risposte è quello visibile in mostra, dove si confrontano i linguaggi di artisti attivi nelle provincie lombarde più colpite dal Coronavirus», spiega Ilaria Bignotti, che cura la mostra insieme al collettivo bresciano ACME Art Lab (Alessia Belotti, Melania Raimondi e Camilla Remondina), Giorgio Fasol e Matteo Galbiati. Un pensiero condiviso anche dal sindaco Del Bono, presente ieri alla vernice per la stampa, per cui «questa mostra rappresenta il forte desiderio delle città di Brescia, Bergamo e Cremona di ritornare a vivere».
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