Facchinetti: «Proprio a Brescia rievocherò i primi anni dei Pooh»
Roby Facchinetti e i Pinguini Tattici Nucleari insieme a Brescia. Non è tuttavia un programma futuristico per quando finalmente potremo riassaporare i live, e nemmeno la replica de «L’ultimo concerto?», allestito al Druso di Bergamo in febbraio per sensibilizzare rispetto alla drammatica situazione del settore dello spettacolo.
Quanto concepito dalla produttrice Raffaella Tommasi e dal direttore Stefano Salvati per una tappa di IMAGinACTION On Tour 2021 è piuttosto l’invito a condividere un’emozione, facendo entrare il pubblico (naturalmente in forma virtuale, considerata la permanenza delle restrizioni sanitarie) nel settecentesco Palazzo Facchi di corso Matteotti, al fine di passare due ore abbondanti in compagnia di Roby Facchinetti e Pinguini Tattici Nucleari tra aneddoti e musica.
Tutto ciò, sabato 10 aprile alle 18.30, in diretta Facebook dalla dimora cittadina.
Il bolognese Salvati ci ha spiegato la doppia valenza simbolica di una scelta che porta artisti bergamaschi a esibirsi nel cuore della Leonessa: «Al di là della rivalità di campanile, Brescia e Bergamo sono state colpite in maniera eccezionale dalla pandemia e sono unite nella lotta al Covid; inoltre saranno, insieme, “capitali della cultura” nel 2023. Noi abbiamo anticipato una sinergia che si manifesterà variamente nei prossimi anni, immaginiamo con grandi risultati». Curiosi di saperne di più, abbiamo intervistato Roby Facchinetti.
Roby: che serata sarà? Sulla parte musicale mantengo il riserbo, anche se confido di non deludere l’attesa degli appassionati. Per il resto, farò una cosa inedita: racconterò degli esordi, dunque dei primi quattro album dei Pooh (da «Per quelli come noi» del 1966 a «Opera prima» del 1971, passando per «Contrasto» e «Memorie», ndr), in stretto collegamento con gli avvenimenti che hanno caratterizzato quel periodo di cambiamenti epocali. Credo sia la parte meno conosciuta della nostra storia, fondamentale per ciò che avvenne dopo. È il tempo a decretare il vero valore delle cose: io penso che in quegli anni la musica abbia cambiato il mondo, perché i giovani hanno avuto la creatività, l’illuminazione e il coraggio di prendere in mano il proprio destino, facendosi ascoltare: prima di allora, con poche eccezioni, fino a vent’anni facevi quello che stabiliva l’autorità paterna e non avevi una voce autonoma... Noi siamo stati spettatori e anche protagonisti di quel cambiamento. Per trovare un’altra rivoluzione di simile portata, in seguito, bisogna aspettare l’arrivo del computer...
Furono le band a guidare la svolta epocale nella musica? Io credo di sì. Dai Beatles ai Queen, con in mezzo Pink Floyd, Led Zeppelin e tanti altri (e pur senza dimenticare il ruolo di solisti straordinari), la rivoluzione ha spesso viaggiato in gruppo. Ogni band aveva una sua particolarità, qualcosa che la distingueva da tutte le altre. Per i Pooh che anni furono, quelli degli esordi? Bellissimi, irripetibili. Viaggiavamo quasi tutti i giorni dell’anno su un furgone Ford Transit, da un capo all’altro della Penisola. Quando arrivavi a Battipaglia e finiva l’autostrada bastava incontrare un mezzo lento e ci mettevi ore per arrivare in Calabria! Capitava anche di fare più esibizioni in una sola giornata: il nostro record è cinque, nelle Marche, in pieno periodo natalizio... A ripensarci, non so davvero come facevamo!
C’è una band di oggi che ricorda i Pooh per attitudine? Al di là del genere musicale, i Negramaro, i Pinguini Tattici Nucleari, gli stessi Måneskin: gente per la quale sembra contare parecchio lo spirito di gruppo, nel suo significato più ampio. E che ha fatto la gavetta. I Pinguini Tattici sono i suoi compagni nell’avventura bresciana.
Cosa pensa di loro? Sono bravi, figli di una scena underground che a Bergamo è da sempre fertile. Hanno fatto i passi giusti, senza forzare. Il lockdown li ha sorpresi all’apice, dopo il successo di «Ringo Starr» a Sanremo 2020 (con cui sono arrivati terzi, ndr). Ma riprenderanno la corsa. A proposito di Sanremo. Ogni anno viene fatto un sondaggio sulla canzone più bella nella storia del Festival e «Uomini soli» dei Pooh figura sempre ai vertici, se non addirittura prima.
Che effetto le fa? Credo, non da oggi, che quel brano contenga talmente tanti spunti da poterne ricavare più canzoni. Il testo di Valerio Negrini è un capolavoro di poesia e suggestione, che fotografa la solitudine dell’uomo moderno come pochi altri hanno saputo fare.
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