Fabio Dondelli, l'ex Sindaco: «Amore per il proprio destino»
S’intitola «Amor fati», traduzione «a senso» dal latino «Amore per il proprio destino», ed è il nuovo disco di Fabio Dondelli, il primo a suo nome e cognome dopo i due pubblicati come Il Sindaco (l’album eponimo del 2013 e «Come i cani davanti al mare», uscito due anni più tardi). Preceduto il 31 gennaio dal singolo di «Melville», la canzone dalla quale è nato l’intero lavoro, «Amor fati» è uscito ieri.
Fabio - che nella vita, oltre a fare il cantautore, insegna matematica al Cfp Vantini di Rezzato e geografia all’istituto Lunardi di Brescia - suonerà la chitarra acustica e il pianoforte e sarà accompagnato da Andrea Abeni alla chitarra elettrica e dai due Meteor Andrea Cogno al basso e Beppe Mondini alla batteria (suonata in «Amor fati» da Mauro Gambardella); è quasi la stessa formazione del video «live in studio» di «Gattopardi» (il brano che apre il disco, in uscita per Freecom Music), dove tuttavia alla chitarra figura il produttore dell’album, Pierluigi Ballarin, il quale ha anche registrato e mixato i dieci pezzi nell’Unnecessary Recordings di Bologna.
Da Il Sindaco a Fabio Dondelli: dobbiamo pensare a un disamoramento nei confronti della politica?
(ride) Pur se quel disamoramento è arrivato, semplicemente non mi sono più sentito rappresentato dal moniker che ha contraddistinto la mia esperienza solista dopo gli anni trascorsi negli Annie Hall, e che aveva riferimenti tra l’ironico e il serio, in primis Giuseppe Bottazzi detto Peppone.
Prometto che se la risposta a questa domanda sarà negativa, non la cancellerò: è per caso il suono del mellotron quello che si può ascoltare alla fine di «Melville»? E come mai tutto questo pop, nella sana accezione di una volta?
Proprio così, ho usato il mellotron d’intesa con Ballarin. E per quanto riguarda il pop - penso ai Byrds, ai Kinks, a Phil Spector - si tratta di una naturale evoluzione della musica del Sindaco, la quale già si era differenziata non poco dal sound ammiccante nei confronti del folk che aveva contraddistinto gli Annie Hall.
«Acqua», «Alberi», «Fiori» (seppure «finti»), «Terra» e «(Fini)mondo»: nei titoli delle canzoni di «Amor fati» ci sono per caso dei messaggi, non proprio subliminali?
Affermativo. Si va dai fiori veri che stanno bene nei campi al mettersi nei panni di chi attraversa il mare in cerca di fortuna, dall’amore che solo ci salverà da un’ipotetica apocalisse all’antispecismo di «Prima o poi»: la vita di un animale senziente vale più della soddisfazione dei nostri palati.
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