Cultura

Bello Figo: «Voi ridete, io faccio milioni... di view»

Il principe italiano dello SWAG sta facendo impazzire la rete. Allo show a Brescia orde di fan.
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Ci son quelli che dicono «è trash» e «bleah». E lo chiamano «fenomeno da baraccone». Ma intanto lui se la ride, perché un fenomeno lo è diventato davvero. Alla faccia dell’etica e dei testi al limite della censura, che definirli coloriti è una generosa concessione al vocabolario.

Lui è Bello Figo ( e a piacimento Gu). Che non è un complimento, ma la denominazione artistica che identifica il principe dello SWAG. Uno che ha trasformato un modo di dire ( fico, cool, stiloso e similari) in un tormentone infinito.

Ha 21 anni ed è in Italia dalla metà. Vive a Parma («ma vivrei qui a Brescia»), però è nato in Ghana. Sul petto si è tatuato Hello Kitty e e un paio d’anni fa ha fatto impazzire il web col nome Gucci Boy. «La gente cliccava i miei video - racconta divertito - e tutti parlavano di me. Solo che a un certo punto se uno cercava Gucci su Google usciva la mia faccia. E allora gli avvocati mi hanno mandato una mail, chiedendo di cancellare il profilo. Ma mica potevo perdermi tutte le visualizzazioni, no? Così a gennaio 2013 sono finito in Tribunale, con Gucci abbiamo raggiunto un accordo e adesso ho un altro nome».

Nome diverso, stessa sostanza. Chi lo incontra per strada lo riconosce. Soprattutto i ragazzi, certo. Ma anche i pizzaioli e perfino una nonna. «Una vecchietta a Padova - spiega ridacchiando contento - mi ha detto di continuare a cantare. E di non dimenticarmi che sono ricco».

Tutti vogliono un autografo. Le ragazzine si sgolano. Impossibile? Sabato sera, durante il suo show al Lio Bar, i buttafuori hanno dovuto presidiare gli accessi. Difficilissimo entrare, muoversi, uscire e respirare.

Sotto al palco: una ressa infinita. Tutti lì a cantare a squarciagola la hit «Swag Balotelli», manco fosse Baglioni. È la cartina tornasole di un fenomeno che non ci si crede. Basti dire che quando Mireille Filippini l’ha contattato per l’ingaggio, lui le ha risposto prendendo accordi direttamente via whatsapp. Provaci tu a farlo con Guè Pequeno. «Non voglio un manager - spiega -, anche se forse mi farebbe guadagnare ancora più soldi. Dite che non è credibile se parlo direttamente con chi mi vuole far suonare?».

Nel giro di poco è diventato il capostipite dei lol - rapper. Quelli che coi pezzi trash ci vanno a nozze, ma sanno benissimo cosa stanno facendo. E lo fanno al massimo. Roba da un milione di visualizzazioni su You Tube. A canzone. Mica nel complesso.

Eppure non ci sono mica solo i fan. Ci sono i detrattori e gli indignati, quelli che lo deridono e gli invidiosi. Quelli che odiano quello che fa e ciò che rappresenta. Ma lui va dritto per la sua strada: «Piaccio alle persone che sanno divertirsi, che cercano divertimento. Tutto questo non vuole essere offensivo, io canto col sorriso. Ma chi vuol prendersela se la prende e basta». Swag. Intanto sbanca i templi dell’indie. E molti storcono il naso perché canta sulle basi di altri, ha un vocabolario limitato e scurrile e non ha niente del musicista impegnato. Ma a lui fare un disco non interessa nemmeno: «L’ho fatto una volta e non è andato bene. Ora voglio allargare il giro dello SWAG e continuare a fare soldi grazie a You Tube».

Ilaria Rossi

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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