Cultura

A Brescia la prima italiana dell'artista e attivista Zehra Dogan

Si intitola «Avremo anche giorni migliori» la mostra che verrà inaugurata il 16 novembre nel Museo di Santa Giulia
  • L'allestimento della mostra nel Museo di Santa Giulia
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Sono state tutte create in carcere, dove è stata rinchiusa per 2 anni, nove mesi e 22 giorni con l'accusa di propaganda terrorista per aver postato su Twitter un acquarello tratto da una fotografia scattata da da un soldato turco, le opere al centro di «Avremo anche giorni migliori», la prima mostra italiana dedicata a Zehra Dogan, artista e attivista curda, fondatrice dell'agenzia giornalistica femminista curda «Jinha», che aprirà il 16 novembre a Brescia nel Museo di Santa Giulia

 

 

Zehra Dogan
Zehra Dogan

 

Dopo la performance organizzata lo scorso maggio alla Tate Modern di Londra, città in cui Zehra Dogan ha scelto provvisoriamente di vivere il proprio esilio, dopo essere stata rilasciata lo scorso 24 febbraio, l'artista è ora protagonista a Brescia di questa esposizione, in occasione della sua partecipazione al Festival della Pace, organizzato dal Comune di Brescia e dalla Provincia di Brescia. 

Il percorso espositivo concepito da Elettra Stamboulis riunisce circa 60 opere inedite, tra disegni, dipinti e lavori a tecnica mista, che interessano tutto il periodo della detenzione dell'artista, cui Banksy ha dedicato il più ambito dei muri di Manhattan, il Bowery Wall, con un'opera che la raffigura dietro le sbarre, mentre impugna una matita.

 

L'opera dedicata da Banksy a Zehra Dogan - Foto © Houston Bowery Wall
L'opera dedicata da Banksy a Zehra Dogan - Foto © Houston Bowery Wall

 

Accanto alle immagini, anche brani del diario scritto durante la prigionia: riflessioni in cui Dogan - cui Ai Weiwei ha scritto una lettera personale - più volte fa riferimento ad artisti che nel corso della storia hanno manifestato il proprio dissenso senza pagarne, almeno apparentemente, le conseguenze e a quegli artisti che invece si rifiutano di prendere una posizione. La mostra - viene anticipato - dà conto della necessità di raccontare non tanto la propria, quanto l'altrui condizione con l'immagine e la parola e con tutto ciò che è disponibile, come il caffè, gli alimenti, il sangue mestruale o i più tradizionali pastelli e inchiostri, quando reperibili. Una prima sezione è dedicata alle macchie, da cui l'artista delinea un immaginario simbolico, dominato dalla figura umana sintetizzata nell'esaltazione di alcune componenti come gli occhi, le mani e gli attributi della femminilità. La figura femminile, quale singolo individuale o corpo collettivo, costituisce la seconda sezione dell'itinerario.

Attivista femminista, tra i primi giornalisti ad avere raccolto le testimonianze delle donne Yazide scampate all'Isis, Dogan dedica alla rappresentazione della donna la parte più vasta della propria produzione. Il corpo rientra nella rappresentazione politica con scene di guerra, a sottolineare come la prima delle battaglie da vincere sia quella contro il patriarcato.

 

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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