TRE PASSI NEL DELIRIO
![](https://api.gdb.atexcloud.io/image-service/view/acePublic/alias/contentid/18v39rqeg25wbb7zrps/0/passi2-jpg.webp?f=16%3A9&w=826)
Regia: Roger Vadim, Louis Malle, Federico Fellini
Con: Jane Fonda, Alain Delon, Brigitte Bardot, Terence Stamp
Genere: fantastico
Distribuzione: Flamingo
Nuova edizione – la prima è esaurita da anni – per questo trittico di registi grandi firme, due francesi ed un italiano, alle prese con altrettanti racconti di Poe con cui Flamingo festeggia il numero 100 della pregevole collana di dvd “Il piacere del cinema” curata da Vieri Razzini. Una scelta eccellente perché il film, di differente livello, contiene una gemma firmata da Fellini, alle prese per la prima e unica volta con l’horror, e che molti ignorano che esista: “Toby Damnit” con Terence Stamp, girata dal riminese dopo una grave malattia che lo aveva colpito, incupendone i toni fantastici. Ma andiamo con ordine. Il primo episodio è “Metzengerstein”, dal racconto omonimo, di Roger Vadim con protagonista Jane Fonda (all’epoca sua moglie e reduce da “Barbarella”) nel ruolo di una bella e perversa contessa che si innamora del cugino, il quale però la respinge. Si salva solo un gigantesco stallone nero su cui le contessa sale e che la porta con sé verso le fiamme infernali. Vadim non si spreca in inventiva e il risultato è piatto, persino privo della sensualità e della prurigine che lo avevano reso famoso. Di Louis Malle il secondo episodio: “William Wilson”, pure dall’omonimo racconto, con Alain Delon e Brigitte Bardot. Delon è un ufficiale austriaco che confessa ad un sacerdote di aver ucciso il suo sosia che lo perseguitava sin da quando era bambino, una sorta di “metà buona” che si faceva viva per fermarlo quando era sul punto di commettere azioni disonorevoli e che si era fatta viva poco prima quando stava per frustare a sangue in pubblico la contessa Bardot, da lui sconfitta barando alle carte e del cui rifiuto voleva vendicarsi.
![](https://api.gdb.atexcloud.io/image-service/view/acePublic/alias/contentid/18v3709pk2bx0mb6zx2/0/passi4-jpg.webp?f=16%3A9&w=800)
È stata questa la goccia che ha portato Delon a sfidare a duello il misterioso rivale e ad ucciderlo, ma ha fatto veramente la cosa giusta, o mal gliene incoglierà? Malle lavora bene, compresa l’ambientazione italiana, e offre una lettura corretta e abbastanza calligrafica dell’originale di Poe, ma rimanendo al di fuori, senza immettervi il senso di malessere che traspare dalla pagina. Strepitoso è invece “Toby Damnit”, da “Non scommettere la testa col diavolo”, di Fellini, che con la collaborazione del nuovo sceneggiatore Bernardino Zapponi rilegge a modo suo e con la sua particolarissima poetica anche figurativa il racconto breve cogliendone tutto lo spirito e ignoradone invece la lettera. Tra le tante riduzioni di Poe fatte dal cinema, comprese quelle elogiate di Corman, questa versione ”bella e infedele” è tra le più riuscite e convincenti e nel contempo è tipicamente e riconoscibilmente felliniana. Toby Damnit (un mirabile e volutamente catatonico Terence Stamp) è un attore inglese preda dell’alcol e sfatto di fuori e dentro chiamato a Roma per girare un western cattolico con il miraggio di una Ferrari come cachet, Immerso in auto con i suoi accompagnatori religiosi in un tramonto romano e nel traffico caotico della città (tra filtri rossi e caos sembra di essere in una bolgia infernale in cui compare anche una bimba dallo sguardo maligno che gioca con una palla bianca), sarà poi costretto a prendere parte ad una festa con premiazioni varie tutta virata in azzurrognolo e popolata di “mostri” del mondo dello spettacolo (Fellini si vendica qui ben più che in “8 ½”) , compreso un vecchio incanutito e traballante che rimanda a Totò accompagnato da una bionda alta e formosa. Disgustato, Stamp esce dal torpore in cui si era rifugiato e si mette a viaggiare in Ferrari nella campagna romana, fra tenebre illuminate dalla luce dei fari che alterano paesaggio e figure, compresa l’insegna con cameriere di una locanda che appare minacciosa. Corsa in cui, causa un ponte interrotto, rischi a rischia di farlo precipitare in un abisso da cui si salva a stento. E proprio lì ricompare la ragazzina con la palla: miraggio, o sfida o che altro? Per la cronaca, con questa figurina inquietante Fellini rende omaggio a Bava, l’artigiano del cinema popolare che fu anche il primo maestro dell’horror italiano, il quale la creò per “Operazione paura”. Una chicca da conoscere a tutti i costi questa con il suo clima che scorre dall’allucinato al grottesco al lividore di una presenza mortale e che ha la caratteristica (non da poco) di attualizzare Poe, spostando i suoi incubi nella vita d’oggi. Per extra, un pregevole intervento di Vieri Razzini sull’episodio felliniano.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato