Andrea, salvato da un trapianto: «Ringrazio sempre chi decise di donare»
Ci sono destini che si incontrano, senza mai incontrarsi. Storie che determinano l’una il percorso dell’altra, trasformando un grande dolore in una gioia immensa. Andrea Scotuzzi ha 32 anni, è un ragazzo alto quasi un metro e 90, vive a Borgosatollo con il suo cane Luffy e da 13 anni ha un cuore nuovo.
Era il 13 gennaio 2011 quando all’età di 18 anni Andrea viene ricoverato d’urgenza: «Erano già settimane che non stavo bene – racconta –. Ero sempre molto stanco, non riuscivo nemmeno più ad uscire la sera con i miei amici. Dopo un concerto torno a casa infreddolito: il giorno dopo febbre da cavallo. Penso sia un’influenza, ma la febbre persisteva e io non stavo bene».
Accompagnato da mamma Paola, che è un’infermiera del Civile di Brescia, comincia a fare una serie di accertamenti che però non portano a nulla: «Fino ad una sera. Eravamo seduti sul divano a guardare la tv – spiega Andrea – e lei vede qualcosa pulsare all’altezza del mio stomaco. Il giorno dopo mi riporta di nuovo in ospedale e grazie a una serie di accertamenti mi diagnosticano una cardiomiopatia dilatativa bilaterale e virale: il mio cuore, in un mese, era diventato grande come una palla da rugby».
Per Andrea la vita si stravolge, i medici lo trasferiscono a Padova: «Io avevo già capito che l’unica soluzione sarebbe stata il trapianto – spiega la mamma di Andrea, Paola Donida –, ma non ho detto nulla né a mio figlio né a mio marito, perché volevo esserne certa. È stato uno shock enorme per tutti, ho avuto una paura folle di perderlo».
Un rischio che ad un certo punto è diventata quasi una realtà: «Mi hanno attaccato a delle macchine per farmi sopravvivere, ho dovuto affrontare delle operazioni – continua Andrea – e il mio corpo ad un certo punto non ce la faceva più. Non dormivo la notte perché avevo paura di non risvegliarmi».
Una sera mentre i nonni, i cugini e gli amici pregavano e speravano nella sua guarigione organizzando una fiaccolata, Andrea riceveva la notizia che gli avrebbe salvato la vita: «È arrivato il mio cardiochirugo in stanza – racconta Andrea – e mi ha detto che era arrivato un cuore. Lì ho avuto paura perché tutto sarebbe finito o in un modo o in un altro. Per fortuna l’operazione è andata bene e io ringrazio ogni giorno chi ha deciso di dire sì alla donazione degli organi».
Il donatore o la donatrice per legge deve essere anonimo, quindi Andrea non conosce l’identità della persona che gli ha permesso di continuare a vivere: «Ringrazio ogni giorno e cerco di onorare questo gesto avendo cura di me e rispettando la mia vita – conclude Andrea –. Testimonio con Aido e Avis l’importanza di dire sì alla donazione degli organi perché lo ritengo un gesto di grande generosità che non ci costa nulla. Io un giorno vorrei poter andare davanti alla tomba di chi mi ha donato il cuore e farci due parole, ma mi accontenterei anche solo di sapere il suo nome per poterlo dare al figlio che vorrei avere un giorno».
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