Residence Prealpino, quei 33 anni tra sovraffollamento e speranze

Quell’angolo tra via Canossi e traversa Prima a Bovezzo, fu un incredibile crocevia di storie, quelle di chi dal Senegal giungeva in Italia in cerca di speranza
L'esultanza il 6 giugno 2002 dopo il gol del Senegal alla Danimarca
L'esultanza il 6 giugno 2002 dopo il gol del Senegal alla Danimarca
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A quei tempi il «politically correct» era di là da venire. Nella vulgata spiccia degli Anni ’80 il Residence Prealpino era «Senegal City». E chi ci viveva inesorabilmente un «vu cumprà», a prescindere dal reale impiego.

In realtà, quell’angolo tra via Canossi e traversa Prima, a Bovezzo, fu un incredibile crocevia di storie, quelle di chi dal Senegal giungeva in Italia in cerca di speranza. Una patria d’adozione per migliaia di ragazzi. Una storia chiusa dalle ruspe 15 anni fa esatti. Il complesso sorse nel 1977, per universitari e professionisti in transito. Non fu mai così.

Già nel 1983 i primi arrivi da Dakar. Una novità nella Bovezzo di 5.000 anime. In cui divenne però presto consueto l’andirivieni di quei ragazzoni, spesso sorridenti a dispetto delle difficoltà, che issavano borsoni giganteschi sui vecchi bus Saviem, gialli e sfiatati, della linea A. Come pure la teoria infinita di cavi volanti, panni stesi, parabole e carrelli della spesa. Fu proprio una questione di numeri, nel 1987, a generare problemi, specie di igiene: nello stabile ci furono fino a 800-1000 ospiti insieme, in alloggi spesso affittati a cifre impensabili.

L’ordinanza di sgombero del sindaco Gianluigi Pasotti giunse il 24 gennaio 1990. Rimase sulla carta per oltre 17 anni. Nei quali accadde di tutto:dalle feste religiose ai controlli con sequestri quasi settimanali, dai roghi agli incidenti di auto uniformemente ammaccate, dalle giornate di gioia per le vittorie delle Coppa d’Africa e l’accesso ai quarti del Mondiale 2002, fino alle tensioni per lo spaccio delle ultime stagioni.

Lo sgombero
Lo sgombero

Quei 108 appartamenti - 22 andarono in fumo nell’incendio di Pasqua 2004 - sono rimasti abitati, con salone di parrucchiera, due ristoranti e bazar assortiti a corredo, fino al 26 febbraio 2007, giorno del protocollo d’intesa tra i Comuni di Brescia e Bovezzo, Regione, Aler, Provincia, Acb, Comunità montana di Valtrompia e senegalesi: sgombero e abbattimento in cambio di alloggi ai 179 residenti censiti a fine 2006. Lo svuotamento avvenne in cinque fasi - non senza tensioni - fino al 28 maggio 2008.

L’atto finale invece fu il 22 marzo 2010: per l’arrivo di picconi e ruspe, giunsero presidente della Regione, Roberto Formigoni, e sindaci di Brescia, Adriano Paroli, e Bovezzo, Antonio Bazzani. Ma anche il suo predecessore, Giampiero Favalli, che per anni gestì il problema quasi da solo, ma con l’orgoglio, disse allora, «di aver trattato il problema pensando di avere a che fare con persone, non signori con un colore di pelle diverso».

Non c’era nessuno invece della comunità senegalese: la storia aveva voltato pagina. A fine giugno del Residence non restava un mattone. I primi inquilini entrarono nelle nuove palazzine Aler a novembre 2013.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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