Perché la Repubblica di Salò si chiama Repubblica di Salò

La nuova proposta di revoca della cittadinanza a Benito Mussolini avanzata a Salò assume particolare rilevanza in ragione del fatto che proprio alla cittadina gardesana si lega a doppio filo – fin dal nome – la storia della Repubblica Sociale Italiana, nota per l’appunto anche come Repubblica di Salò.
Un’etichetta che tuttavia potrebbe risultare di difficile spiegazione dal momento che la sede del Governo e la dimora dello stesso duce era altrove, a Villa Feltrinelli, nella vicina Gargnano, di fatto la reale capitale.
Le sedi istituzionali
Perché dunque tanto rilievo ebbe proprio a Salò nel quadro della storia della repubblica fascista del Nord Italia tra il 1943 e il 1945? La ragione è da ricercare fondamentalmente nel fatto che fra le molte sedi istituzionali che affollavano le rive del Benaco – dal ministero dell’Interno allestito a Villa Fiorini Comboni di Toscolano a quello della Difesa di Polpenazze – Salò ospitava due delle più prestigiose: il ministero degli Esteri, nella prestigiosa Villa Simonini (l’odierno Hotel Laurin) e quello della Cultura Popolare (MinCulPop), che trovava spazio nell’odierna sede della Croce Rossa. Braccio operativo di quest’ultimo dicastero, in particolare, era l’Agenzia Stefani, divenuta sotto il fascismo organo principe della macchina di propaganda.
L’Agenzia Stefani
Agenzia di stampa voluta da Cavour nel 1853, fu affidata al giornalista Guglielmo Stefani (noto per le sue posizioni filogovernative e rigorosamente monarchiche), a cui deve il nome: intellettuale del Risorgimento che nel 1848 condivise le celle veneziane degli Asburgo con eroi del calibro di Tommaseo e Manin, sposò tra l’altro la bresciana Maria Rosa Paris (detta Rosina). Con l’avvento del fascismo – sotto la direzione di Manlio Morgagni che si suiciderà dopo il 25 luglio 1943 quando Mussolini venne sfiduciato nella nota seduta del Gran Consiglio – divenne a tutti gli effetti lo strumento attraverso cui Palazzo Venezia controllava l’intera informazione nazionale e non solo. Con la caduta del duce, fu trasferita a Salò, dove peraltro la vedova di Morgagni cedette per 4 milioni di lire di allora le proprie quote della società privata alla base dell’agenzia alle autorità repubblichine nel 1944.
I dispacci di agenzia – i testi diffusi tramite lanci telegrafici o minute dattiloscritte (le famigerate «veline», dalla carta sottile usata in combinazione con la carta carbone) – riportavano per tradizione giornalistica la cosiddetta «data»: l’indicazione del giorno in cui veniva pubblicata la nota stampa, abbinata al luogo da cui essa veniva diramata. Sotto la Rsi, per l’appunto, Salò, dal 9 novembre 1943, data del primo lancio, fino al 29 aprile 1945. Proprio in virtù di tali lanci di agenzia, diffusi in Italia, ma raccolti anche dai corrispondenti della stampa estera (che sempre a Salò disponevano delle postazioni telefoniche accreditate da cui dettavano i propri articoli alle rispettive redazione), la Rsi fu consegnata alla storia come Repubblica di Salò.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato