Non si vendemmia più come una volta, ma certe cose non cambiano
In questi giorni è partita dalla zona del Franciacorta la vendemmia 2024 con la raccolta dei grappoli in vigna che presto andrà in scena anche in tutte le altre zone vinicole della nostra provincia.
La raccolta nel Bresciano può contare su oltre settemila ettari di vigneti e una produzione di uva, tra bianca e rossa, che supera i 600 mila quintali. Volendo fare un confronto con il passato gli ettari vitati nel 1960 erano 8.124 con oltre 11mila aziende che avevano la vite. Ma l’elemento più importante che fa la differenza tra la vendemmia di oggi e quella di 60 anni fa è la percentuale di Doc e Docg che nel 1960 era pari a zero (nel 1970 raggiunse a male pena il 17%) mentre oggi è quasi la totalità.
Di sicuro la vendemmia ha oggi un’operazione di raccolta delle uve molto diverso da quello che veniva compiuto in passato per tante ragioni: la più importante è che è disciplinata con una Denominazione di origine controllata e garantita, protetta in tutte le sue fasi produttive. Certo la meccanizzazione fa la sua parte soprattutto in cantina, dove è avvenuta la vera innovazione tecnologica degli ultimi 40 anni. Ma se si fa un salto nel passato si scopre che la vendemmia tra le viti era, ieri come oggi, intensamente manuale.
Un tuffo nel passato
Forse 60 anni fa la vendemmia in vigna era più vissuta, ma in parte ancora oggi: la raccolta dei grappoli resta un rito sociale che si rinnova. In passato la vendemmia coinvolgeva tante persone creando un evento di comunità che univa generazioni diverse. Oggi per tanti motivi la raccolta dell’uva si è professionalizzata - per fortuna o per sfortuna, dipende dai punti vista - a discapito di un dilettantismo di soli appassionati che portava con sé del romanticismo e basse rese.
Basta pensare a quanti studenti o pensionati si davano appuntamento in vigna per arrotondare qualche lira (non c’era ancora l’euro) e che oggi sono scomparsi, sostituiti spesso da squadre di raccoglitori formate perlopiù da personale professionalizzato, ma che non è legato al territorio e che sa poco di terroir. Tuttavia i vendemmiatori di oggi e quelli di ieri sono accomunati dal rispetto delle stesse fasi in cui si suddivide la vendemmia.
Attrezzi e fasi
Tante operazioni di ieri si ritrovano anche oggi e a fare la differenza sono per lo più la tecnologia, le attrezzature, la ricerca e la professionalità degli enologi. Ma il cappello, i guanti, le forbici, i coltelli, nonché le cassette o le gerle sono attrezzi che si sono magari evoluti nella forma e nei materiali ma che restano essenziali. Il cappello, per esempio, non è più di paglia ma resta fondamentale per un vendemmiatore e per capirlo appieno basta chiederlo a chi si è magari dimenticato di usarlo. La vendemmia, oggi come in passato, cominciava la mattina presto per terminare al tramonto.
Per la raccolta dell’uva a mano i vendemmiatori usano e usavano forbici o coltelli per tagliare i grappoli dai tralci; i grappoli da sempre vengono poi posti in ceste, gerle o cassette e trasportati alla pigiatura affinché venga estratto il mosto attraverso un torchio (che una volta era in legno), oppure avveniva calpestando l’uva a piedi nudi in grandi vasche, cosa che non si fa più.
O meglio, può capitare che nell’ambito del fenomeno dell’enoturismo venga proposto di fare la vendemmia (pagando) e di pigiare poi le uve raccolte con i propri piedi, ma siamo in una dimensione non di vendemmia ma di folclore artificiale. Tuttavia ieri come oggi alla fine della raccolta e della pigiatura delle uve il mosto veniva raccolto e messo a fermentare al fresco in appositi tini posti in cantina.
Le feste dell’uva
Questo insieme di operazioni produceva alla fine certamente del vino, ma era anche un momento di festa e un’occasione di condivisione che nel tempo è diventato un evento culturale importante con i suoi rituali e tradizioni. Si potrebbero infatti citare centinaia di esempi nella nostra provincia con un elenco di Comuni sterminato che avevano e hanno ancora feste dell’uva per celebrare l’inizio e la conclusione della vendemmia. Infatti molte comunità iniziavano la vendemmia con una festa o una benedizione delle vigne per augurare un raccolto abbondante.
Durante la raccolta, non era raro che i vendemmiatori, uomini, donne e bambini, cantassero canzoni tradizionali o suonassero strumenti per rendere il lavoro più allegro. Ma soprattutto il momento più conviviale era la pausa pranzo quando tutti i vendemmiatori si riunivano per mangiare insieme. L’apice poi era la pigiatura dell’uva che quando veniva fatta a piedi nudi diventava una vera e propria festa e al termine della vendemmia non mancavano canti e balli. Con questa tradizione è plausibile che si arrivasse in modo inconscio a tramandare tra le diverse generazioni sia la tradizione della vendemmia che la cultura del vino.
Droni e analisi
Oggi è un po’ tutto diverso e la qualità delle uve in campo e in cantina è decisamente migliorata sotto tutti gli aspetti tecnici, qualitativi e sanitari. Basta pensare che oggi, con l’avvento dei Consorzi di Tutela e dei disciplinari di vini Docg, Doc e Igt i passaggi più importanti della vendemmia differiscono per tipologia di vino, puntando alla perfezione e sempre e comunque alla qualità e molto meno, come in passato, alla sola quantità. Così oggi prima della raccolta, i viticoltori monitorano attentamente le viti e i grappoli per determinare il momento ottimale per la vendemmia. Questo include l’analisi del contenuto di zucchero, acidi e componenti fenoliche e aromatiche.
Come visto prima, la raccolta può avvenire ancora manualmente con i vendemmiatori che camminano tra i filari e selezionano attentamente solo le uve migliori oppure può essere meccanizzata con macchine che raccolgono rapidamente le uve. Inoltre c’è anche chi oggi approfitta del calar del sole per fare vendemmie notturne perché le basse temperature della notte aiutano a preservare l’integrità delle uve e a mantenere intatto il sapore e i profumi. Inoltre, durante la raccolta manuale, i vendemmiatori possono effettuare una selezione accurata (magari aiutati da droni), lasciando quelle non mature o danneggiate perché la maturità dell’uva influenza direttamente il sapore, l’aroma e la qualità del vino. La strategia di vendemmia è in continua evoluzione, banalmente: non più uve raccolte in cassoni e magari lasciate al sole, ma raccolte al mattino presto e poste in piccoli contenitori di plastica da circa 20 chili.
Oggi, soprattutto nella nostra provincia la vendemmia è un’operazione che resta agricola, ma molto delicata e che richiede esperienza e attenzione ai dettagli e la vinificazione, che trasforma l’uva in vino, è diventata un’arte e ogni cantina ha i suoi metodi che mixano tradizione e innovazione con presse munite di schede informatizzate, impianti frigorigeni e tini in acciaio inossidabile.
Certo se si osserva oggi un torchio moderno in cantina rispetto ad un suo antenato fatto in legno si intuisce, anche con occhio poco esperto, che sono lontani parenti, ma si fa fatica a paragonarne l’efficienza. Perché la vera innovazione tecnologica è in cantina dove si fa il vino, mentre la tradizione della vendemmia resta in vigna aiutata da professionalità e ricerca.
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