Perché a un certo punto alcuni paesi bresciani hanno cambiato nome

«Nomen omen». La locuzione latina è entrata ormai da tempo nel lessico comune. Tradotta: «Il destino nel nome», che utilizziamo per indicare caratteristiche personali identificate nel nome stesso di un individuo.
L’espressione, logicamente, andrebbe benissimo anche per i nomi dei comuni. I paesi, infatti, riescono quasi sempre a dare una prima descrizione di se stessi attraverso la loro denominazione. Così capiamo se un centro si trova sul mare, su un fiume o ai piedi di una montagna. Se si trova in una valle o se si è formato in una zona con specifiche caratteristiche.

Questo fenomeno a volte è avvenuto in maniera naturale, in altre occasioni, invece, le denominazioni sono cambiate proprio al fine di dare un’identificazione più precisa sul territorio di appartenenza. Insomma, «Il destino nel nome», ma qualcuno il destino se lo crea da sè.
Grazie ai dati Istat è stato possibile individuare i cambi di denominazione avvenuti nel Bresciano dall’Unità d’Italia in poi. In oltre 150 anni le modifiche sono state diverse, ma ogni specifico caso rappresenta un piccolo pezzo di storia bresciana.
Le aggiunte
In provincia di Brescia ci sono molti comuni che nel corso degli anni hanno cambiato nome. Nella maggior parte dei casi alla denominazione originaria è stata aggiunta una connotazione specifica per evitare omonimie con altri luoghi della penisola.
Nei primi anni dopo l’Unità d’Italia questo fenomeno è avvenuto soprattutto per le località lungo i fiumi. Così a Palazzolo, Quinzano e Canneto (passato poi dalla provincia di Brescia a quella di Mantova nel 1866) è stato aggiunto «sull’Oglio»; Bagnolo e Azzano hanno avuto l’aggiunta «Mella» e nel caso di Pavone «del Mella». Per lo stesso principio a Villanuova venne aggiunto «sul Clisi» e a San Zeno «Naviglio».

Sono invece più recenti i cambi di denominazione dei comuni sul lago di Garda. Dal 1952 con Moniga fino al 2013 con Tremosine è stato aggiunto il riferimento specifico del Benaco a Manerba, Padenghe, Polpenazze, Puegnago e Lonato. Curioso in questo ambito è il caso di Desenzano, al quale nel 1862 si aggiunse «sul Lago», sostituito nel 1926 da «del Garda».
Analogamente (anche se l’integrazione non restituisce delle precise indicazioni geografiche), ad Angolo è stato aggiunto «Terme» (1963) e Darfo è diventato Darfo Boario Terme (1969).
Le modifiche
Oltre ai casi in cui è stata messa una «coda» ai nomi, ci sono paesi che hanno cambiato denominazione. Chi in maniera più lieve, chi in modo radicale. Il 18 dicembre del 1862 Montechiaro divenne Montichiari sul Chiese, che cambiò nuovamente il 3 gennaio 1878 diventando l’attuale Montichiari. Pian Camuno fino al 1863 si chiamava Piano (in dialetto è tutt’ora Pià) e il riferimento alla Valcamonica è stato quindi aggiunto in seguito. Successivamente, nel 1929, il paese si trasformò in Pian d’Artogne, prima di tornare all’attuale denominazione.

Sempre nel 1863 Gabbiano si trasformò in Borgo San Giacomo, i cui abitanti si chiamano tuttora Gabianesi. L’anno successivo si sentì per la prima volta anche il nome Castel Mella, perché fino al 23 giugno del 1864 il comune dell’attuale hinterland appariva sulle cartine come Castelnuovo.
Nel 1907 si verificò uno dei cambi di nome più singolari della provincia di Brescia: il 15 dicembre Hano diventò ufficialmente Capovalle. L’ipotesi più accreditata è che la denominazione originale venne considerata troppo volgare e così un Regio decreto la modificò.

Nel 1927, invece, Grevo diventò Cedegolo. Qui è però opportuna una precisazione: secondo Mario Gamba, che ha scritto «Cedegolo - Memorie storiche religiose civili», più che un cambio di nome si trattò di un trasferimento, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, del comune da Grevo a Cedegolo (il secondo fu frazione del primo fino al 1797, adesso è il contrario).
Capriano del Colle si trasformò in Capriano Azzano nel 1927, perché assorbì, appunto, anche il comune confinante. La nuova denominazione durò per trent’anni, fino al 1957, quando tornarono a esserci due distinti comuni.
Spostandoci sul lago di Garda, una piccola modifica interessò Sirmione nel 1930: fino a quell’anno, infatti, il comune sulle sponde del Benaco si chiamava Sermione.
L’ultimo cambio drastico in ordine temporale è quello che riguarda San Paolo. Il paese della bassa si chiama così «solo» dal 1964, quando abbandonò la denominazione di Pedergnaga Oriano per omaggiare il Papa bresciano Paolo VI.
I comuni soppressi
Dall’Unità d’Italia in poi molti paesi sono scomparsi come enti amministrativi. Quasi sempre sono stati assorbiti da comuni più grandi – diventandone poi frazioni e località (o quartieri come Mompiano, Fiumicello Urago e San Bartolomeo nel 1880 a Brescia) –, ma in alcuni casi hanno dato vita a nuove municipalità. A volte per unione, come nel caso di Rodengo e Saiano, diventati Rodengo Saiano nel 1927 o per scorporazione: il più recente (1957) è Poncarale Flero, dal quale sono nati due paesi distinti.
Esistono però anche circostanze in cui le nuove denominazioni non hanno riferimenti diretti con i comuni inglobati. Nel 1928 Navono, Livemmo e Bel Prato confluirono in Pertica Alta, mentre Avenone, Levrange e Ono Degno portarono alla nascita di Pertica Bassa: l’origine di entrambi i nomi è da ricercare in un’antica usanza longobarda. Allo stesso modo, e sempre nel 1928, Corte Franca nacque dall’unione di Borgonato, Colombaro, Nigoline e Timoline.

Da Ferragosto del 1928, esiste anche Prevalle: il territorio attuale apparteneva in precedenza ai comuni di Goglione Sopra e Goglione Sotto, unitisi nell’attuale municipalità.
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