Il tennista paralimpico Mottura: «Con la racchetta dimostro chi sono»

Massimo Mottura, 30 anni, ha dolcezza infinita. Il proprio rapporto con gli altri è senza mediazioni né condizionamenti sociali. Sorride alla vita mostrandosi per quello che è, non conosce maschere, si offre con generosità, la sua anima è un libro aperto. Ma in un mondo come quello di oggi l’eccesso di sensibilità può essere un’arma a doppio taglio. Da qui la necessità di vivere in un ambiente protetto fra persone che ti conoscono e ti vogliono bene e sanno leggere nella tua innocenza un segno di forza e non di debolezza. Il modo di approcciare gli altri non ha impedito a Massimo una vita come quella di tutti. Oggi lavora come addetto di sala alla mensa scolastica proprio all’elementare che frequentava da bambino, il che gli consente di muoversi in un contesto già noto.
Gli idoli
Coltiva tanti interessi, su tutti la lettura: divora libri, giornali, riviste. Amante dello sport, ha cominciato a praticarlo fin da bambino, seguendo le varie attività organizzate dalla Fisdir (Federazione italiana sport paralimpici degli intellettivo-relazionali).
Ha cominciato col nuoto, poi a 17 anni è passato al tennis e un giorno si è svegliato con un’idea fissa. «Voglio diventare come Djokovic». Oggi, però, confessa che il suo modello è Sinner: «È lui il numero uno».
Il team
Mottura è entrato nel circuito nazionale nel 2017. È azzurro dal 2022 ed è stato convocato per i prossimi Campionati del mondo, in programma dal 3 all’11 maggio in Kazakistan. Cresciuto nell’Asd Aole, ora è seguito nella Forza e Costanza dagli istruttori Leonardo Bezzi e Alessandro Lifonti. Alle figure tecniche si è aggiunta Barbara Vistarini, responsabile della sezione paralimpica di atletica leggera del Cus Brescia. È lei a occuparsi della preparazione fisica.
«Massimo è arrivato a grandi livelli soprattutto per merito suo – spiega –. Ora c’è la necessità di migliorarne la postura e bisogna lavorare su mobilità articolare e sullo stretching». A coordinare lo staff il maestro Alberto Paris. «Mottura ha un bagaglio tecnico già definito e non è facile modificarlo – sottolinea –. Il suo cavallo di battaglia è il diritto, però si può lavorare per potenziare anche il rovescio. Mi piace la sua voglia di imparare e di rimettersi in discussione, doti che caratterizzano i giocatori di livello».

Tempo pieno
La vita di Massimo, da quando si è innamorato del tennis, non conosce pause. Finito il lavoro si precipita al campo per gli allenamenti. I genitori ne assecondano la passione, inestinguibile anche in vacanza. «Un’estate – ricorda papà Marcello – eravamo in Salento, e incappammo in una stagione particolarmente afosa. Noi chiusi in camera confortati dall’aria condizionata, lui fuori ad allenarsi». «Il tennis gli ha cambiato la vita e gli ha consentito di allargare la sua rete di conoscenze», aggiunge mamma Marilena.
Oltre ai traguardi raggiunti, fra i quali spicca il sesto posto ai Campionati europei del 2022 a Cracovia, Mottura in questo sport ha trovato anche un’occasione per entrare in relazione col mondo. Non c’è disciplina individuale come il tennis in cui il confronto diretto può durare anche ore e con l’avversario alla fine è inevitabile entrare anche in sintonia. La conoscenza tecnica è arricchita anche da quella umana. Agonismo e condivisione viaggiano assieme. Lo dimostra la genesi stessa di questa disciplina, le cui origini risalgono al Medioevo. Prima di lanciare la palla, si avvertiva il rivale gridandogli in francese «tenez!», quasi per metterlo in guardia dal pericolo di un colpo troppo potente. Da allora in poi, in assonanza col verbo transalpino, quello strano gioco si è chiamato tennis.
Giocatori, non avversari

Con la racchetta in mano Massimo va ovunque, anche all’estero per i tornei. «Ogni partita è un’occasione per migliorare – spiega – e se vuoi crescere devi cercarti i giocatori più forti». Mottura non li chiama avversari, perché fanno tutti parte dello stesso mondo in cui cresce sereno e sicuro di sé. C’è una motivazione profonda a sostenerlo nella carriera sempre più impegnativa in cui si è incamminato e lo rivela con un soffio di voce. «Voglio dimostrare a tutti che sono un uomo». Lo sei già Massimo, e meraviglioso.
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