Mario Margotti, l’uomo che ogni 28 maggio suona la campana in piazza Loggia

Otto rintocchi, uno per ogni vittima della Strage, dall’orologio astrario: «Tutti gli anni mi sale il magone, non passa mai»
Mario Magotti - © www.giornaledibrescia.it
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Dong. Giulietta Banzi Bazoli. Dong. Livia Bottardi in Milani. Dong. Alberto Trebeschi. Dong. Clementina Calzari Trebeschi. Dong. Euplo Natali. Dong. Luigi Pinto. Dong. Bartolomeo Talenti. Dong. Vittorio Zambarda. Otto rintocchi di campana - cadenzati, lenti, netti ma faticosi - ad orchestrare il rituale più sofferto di una città. Tra un colpo e l’altro trascorrono cinque secondi, non uno di più, non uno di meno. Tutti contati a mente con un groppo in gola. «Ogni anno mi sale il magone, non passa mai».

Il rito che si ripete

Ogni 28 maggio da oltre dieci anni Mario Margotti si sveglia di buon mattino, imbocca via Beccaria, apre una porticina e sale i 54 gradini che portano fino all’orologio astrario di piazza della Loggia. Si prepara con silenzio e concentrazione. Alle 10.12 è lì, chiuso nella saletta all’ultimo piano tra ingranaggi, ciondoli e macchine. Mentre venti metri più giù i bresciani piangono i morti della strage neofascista sullo sfondo della stele e del pilastro ancora sventrato dall’ordigno, il 73enne afferra un’asta in ferro che muove una serie di tiranti: il martello parte e al suo rilascio batte sulla campana. Dong.

L'orologio de i Macc de le Ure - Foto Christian Penocchio © www.giornaledibrescia.it
L'orologio de i Macc de le Ure - Foto Christian Penocchio © www.giornaledibrescia.it

Un gesto reiterato per meno di un minuto, ma lungo 50 anni. «È un impegno che mi responsabilizza e mi sento sempre molto coinvolto perché mi identifico in quei valori costituzionali che allora - così come oggi - hanno portato le persone a scendere in piazza».

Mezzo secolo fa, mentre stava per essere aperta la ferita più profonda di Brescia Mario era in viaggio di nozze lontano da piazza della Loggia. Ancora ricorda quei momenti: «Sarei rientrato al lavoro pochi giorni dopo, quando si diffuse la notizia rimasi scioccato, come tutti i bresciani». Da quel giorno del 1974 la sua vita privata e la dimensione pubblica della sua città corrono di pari passo, solcano gli stessi anniversari. Così una volta all’anno scrive lo spartito del dolore collettivo, ma fatica a descrivere le emozioni provate.

Parla di «animo sospeso», in un mix tra «concentrazione e commozione», nonostante non abbia mai la visuale sulla piazza. Chiude gli occhi, si lascia trasportare dal silenzio del suo avamposto, sceglie con cura l’intervallo tra i rintocchi - quei cinque secondi che sono la distanza che Mario ha individuato per «marcare la solennità» della giornata.

L’impegno

«Non è semplice - dice Margotti -. Non per lo sforzo dell’azione meccanica, bensì per lo sforzo emotivo che comporta farlo».

Quest’anno Mario assicura che sentirà le celebrazioni anche più che in passato, ma la presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella non lo influenzerà: «L’ho sempre fatto e continuerò a farlo con profondo e rispettoso impegno per rendere omaggio alle otto vittime e ai 103 feriti».

Anche se è il braccio (e anche la mente) del rituale armonico, il 73enne non è l’unico a garantire che tutto si svolga senza intoppi ogni 28 maggio. Ad accompagnarlo ci sono anche Claudio Berardi, Franco Martignon e Claudio Bulgarini - tutti soci dell’Arass Brera, l’associazione per il restauro degli antichi strumenti scientifici che dal 2007 si occupa della conduzione e della manutenzione (ordinaria e straordinaria) del complesso dell’orologio astrario di piazza della Loggia. Al momento della convenzione con il comune di Brescia, l’orologio era fermo da mesi, condizione che ha richiesto un’importante serie di interventi di restauro. E che anche cinquant’anni dopo consentirà di dare un suono al cordoglio.

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