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L’ultimo col martello: quando Paolo VI aprì la Porta Santa nel 1974

La Redazione Web
Come da tradizione, era la Vigilia di Natale e il papa bresciano diede così avvio al Giubileo nel 1975, sul tema «rinnovamento e riconciliazione»
Paolo VI fu l'ultimo ad aprire la Porta Santa con il martello d'argento © www.giornaledibrescia.it
Paolo VI fu l'ultimo ad aprire la Porta Santa con il martello d'argento © www.giornaledibrescia.it
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Paolo VI fu l’ultimo a impugnare il martello d’argento creato dallo scultore Toth: tre colpi, alla Vigilia del Natale del 1974, per aprire la Porta Santa nella Basilica di San Pietro e dare così il ventiseiesimo Giubileo della storia della Chiesa. Quello del 1975 ebbe che come tema il rinnovamento e la riconciliazione.

Riportano le cronache e testimonia il video dell’epoca – la cerimonia, per la prima volta in mondovisione, fu seguita da un miliardo di telespettatori – che sul papa bresciano caddero anche alcuni calcinacci, mentre la porta scivolava via imbracata in un carrello.

Già dall’avvio del Giubileo seguente, quello del 1983 aperto da Giovanni Paolo II, al martello venne preferita la mano del pontefice. Così, anche ieri, papa Francesco ha teso la mano destra per avviare il Giubileo «della speranza». A differenza dei suoi predecessori, però, Bergoglio non si è inginocchiato sulla soglia, varcandola invece in carrozzina.

Dal 1300

Il rito dell’apertura della Porta Santa come via dell’anno giubilare risale al 1300, quando papa Bonifacio VIII diede avvio alla serie che da oltre sette secoli si inserisce nella liturgia di Natale. Nelle celebrazioni della Vigilia del 1974, Paolo VI aveva ricordato che «saranno fortunati gli uomini di oggi se, in un mondo caratterizzato da conflitti di nazioni, di classi, di interessi e nel quale tuttavia si affermano le idealità dei diritti umani della eguaglianza, della solidarietà della pace», sapranno scorgere in Cristo bambino «il fratello di tutti, l’avvocato dei poveri, l’amico dei piccoli, il compagno dei sofferenti, il redentore dei peccatori, in una parola: il salvatore».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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