Le piante e i simboli pasquali
Tendere il ramoscello d'ulivo, conseguire la palma della vittoria, mangiare la mela: questi modi di dire li abbiamo utilizzati tutti, almeno una volta nella vita, qualunque sia la nostra storia personale e ciò in cui crediamo. Le frasi fatte sono la proiezione del mondo in cui sono state generate, mondo che, richiamando il filosofo Benedetto Croce, fino a non molti decenni fa, non poteva non dirsi cristiano. E' tutto un universo di simboli che è il caso di conoscere anche se poi le nostre vite hanno preso strade diverse. Siamo prossimi alla Pasqua, una festa che nella nostra società globale ha forse meno fascino del Natale, anche perché si interroga su un mistero come quello della morte, ma nondimeno ha una serie di simboli tratti dal mondo vegetale. L'universo contadino da cui proveniamo, la memoria degli erbari medievali, tramandata dalla tradizione popolare, avevano infatti individuato delle piante, alcune decisamente insospettabili, in grado di alludere alla nascita, passione e resurrezione di Cristo.
Quante volte abbiamo ordinato, ad esempio, un succo al frutto della passione e sognato spiagge tropicali bianche ed incontaminate? Eppure avremmo dovuto avere pensieri più morigerati, dato che la passione a cui allude il fiore è quella di Cristo. Era infatti il 1610 quando il religioso agostiniano Emmanuel de Villegas tornava dal Messico con il nostro fiore. Al padre i filamenti disposti a raggiera centralmente ricordavano la corona di spine, lo stilo la colonna della flagellazione, gli stimmi i chiodi, lo stame la spugna imbevuta di aceto, le macchie rosse sulla corolla le cinque piaghe. De Villegas ne parlò a Giacomo Bosio, piemontese e cavaliere di Malta, che inserì la suggestione ne «La trionfante e gloriosa croce». I domenicani di Bologna ne realizzarono poi la prima immagine a stampa e l'essenza del nuovo mondo diventò popolarissima.
Olivi e palme sono forse più noti: l'olivo è un albero-simbolo, sulle rive del Mediterraneo, fin dall'antiche civiltà elleniche, passando attraverso la cultura ebraica, cristiana ed islamica. L'olivo rappresenta la pace fin da quando la colomba ne portò un ramoscello a Noè, per ristabilire l'alleanza tra l'uomo e Dio. Passò quindi ad alludere all'incarnazione di Cristo per la salvezza del mondo, significato grazie al quale ha spazio nella Domenica delle Palme, sebbene i testi sacri non ne facciano menzione. Invece bisogna attingere al repertorio di leggende originato dai vangeli apocrifi per spiegare la tradizione secondo cui Set, figlio di Adamo, piantò, sulla tomba del padre, un ramo d'ulivo da cui germogliò l'albero da cui, secondo una versione, sarebbe stata ricavata la croce o almeno parte di essa. Secondo alcune fonti, infatti uno dei rami della croce sarebbe stato, per l'appunto in olivo, mentre l'altro col melo del peccato originale.
Eva ed Adamo non mangiarono la mela ma il frutto dell'albero della conoscenza. L'equivoco partì nel Medioevo, quando la parola latina per definire la mela, malum, era identica a quella con cui si definisce il male; oppure si impiegava il termine generico pomum ovvero frutto.
L'albero del contendere sembra, invece, fosse uno molto più adatto al contesto mediterraneo, anche per ragioni climatiche: il fico. Del resto Adamo ed Eva non cercarono la famosa foglia di fico per coprire le loro nudità? Il suo nome in greco è Phoinix, come la fenice, il leggendario essere immortale. Associata al culto di Apollo, era il simbolo offerto nel mondo classico ai vincitori di gare.
Quando arrivò il Cristianesimo la palma finì per indicare i martiri, diventando il loro segno distintivo, perché trionfatori per la fede. Per i padri della Chiesa questa pianta fu il simbolo stesso di Cristo, l'albero della vita nel Paradiso, termine di origine persiana che significa «giardino». Nei vangeli apocrifi era toccato inoltre alla palma nutrire e nascondere la sacra famiglia in fuga.
Diversi i frutti e i fiori che rappresentati a margine di quadri sacri alludono a Cristo più che a passioni verdi dell'artista: la melagrana ad esempio allude alla nuova vita donata da Cristo, al punto che per i copti essa è simbolo di resurrezione. La vite e la relativa iconografia del torchio mistico sono un'allusione al sacrificio di Gesù, come le spine della rosa, fiore sacro alla Vergine, al suo martirio. Emblema di questa visione del mondo può essere la Caritas dipinta da Giotto nella cappella degli Scrovegni a Padova: oltre a spighe, melograne, rose, castagne e noci. La castagna avvolta dal riccio è il simbolo della passione mentre proprio dal noce sarebbe stata realizzata la croce su cui si sacrificò Cristo.
Vittorio Nichilo
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