La Strage di piazza Loggia nelle pagine storiche del GdB: 50 anni da sfogliare
L’uggiosa mattina di martedì 28 maggio 1974, alle ore 10.12, viene fatta esplodere in piazza della Loggia una bomba nascosta in un cestino portarifiuti mentre è in corso una manifestazione indetta dalle organizzazioni sindacali e dal Comitato unitario antifascista. Circa 2.500 fra cittadini, operai, insegnanti, studenti e militanti sono accorsi per far sentire la propria voce contro lo stillicidio di violenze fasciste che si vanno consumando in città e che da tempo costellano la vita italiana. La bomba provoca la morte di otto persone - Giulietta Banzi Bazoli, Livia Bottardi Milani, Clementina Calzari Trebeschi, Euplo Natali, Luigi Pinto, Bartolomeo Talenti, Alberto Trebeschi, Vittorio Zambarda e il ferimento di altre centodue; una persona - Giacomo Corvini - morirà in seguito alle ferite molto tempo dopo, portando a 9 il numero totale dei decessi. La città si mobilita La notizia fa il giro della città con immediatezza.
Cosa fece il GdB
Il Giornale di Brescia esce con ben tre edizioni straordinarie a poche ore di distanza una dall’altra. Titoli a caratteri cubitali e immagini, per il costante aggiornamento del numero delle vittime e l’elenco dei feriti. La concitazione degli eventi porta nell’immediato a bilanci sommari: prima si parla di 12 morti. Poi di 9.
E già il 29 maggio, il giorno successivo alla strage, numerose pagine informano i lettori - così il titolo - circa «La tragedia momento per momento» e, soprattutto, non rinunciano a narrare «Lo sgomento, il dolore, le lacrime e la rabbia dei bresciani». In prima pagina campeggia su due colonne un titolo che è già presa di posizione: «L’Italia commossa e sdegnata chiede che il terrore non soffochi la libertà».
Un breve articolo di fondo pagina attira l’attenzione: è l’opinione dello stesso Giornale. «Una strage premeditata. Un infame attentato - così si apre il breve testo - ha mietuto vittime tra i pacifici cittadini di Brescia. Non ci sono parole sufficienti a condannarlo: solo dei pazzi criminali possono averlo concepito; ed essi sono tra noi. Ancora tra noi».
Se il fine della Strage di piazza della Loggia era di provocare paura e terrore, intimidire la pratica della democrazia, il risultato che ne segue è esattamente opposto. La reazione della città è nel segno di una forte e larga mobilitazione. Le stesse colonne del Giornale, nelle edizioni dei giorni successivi al 28 maggio, documentano la consapevolezza della gravità del momento e della necessità di fornire una risposta energica per rompere il cerchio del terrore.
La presa di posizione
Nella prima pagina del 30 maggio 1974, il direttore del tempo Vincenzo Cecchini, firma un lungo editoriale titolandolo «Ora basta» mentre l’immagine centrale mostra la fiumana di bresciani in piazza fra «fiori e lacrime, nel muto omaggio della folla alle vittime, vero pellegrinaggio di dolore e di solidarietà». Un veemente moto spontaneo di una città che si riversa quindi per giorni in piazza e nelle strade, cittadini che sentono il bisogno di ritrovarsi per interrogarsi e capire. Immediata è pure l’iniziativa delle organizzazioni sindacali, dei partiti democratici e degli Enti locali.
Si proclamano subito la continuazione dello sciopero generale e l’occupazione delle fabbriche, si aprono collette per fondi da destinare alle famiglie delle vittime, si organizzano cortei di protesta, assemblee e manifestazioni. Intere pagine del Giornale informano circa le «Manifestazioni antifasciste nelle fabbriche occupate» e - è il 30 maggio - della «civile ma ferma risposta della città alla barbarie nera».
Ancora: «Insieme all’immensa pietà per le vittime si coglie nella popolazione sgomenta la decisa volontà di estirpare il fascismo e i suoi mandanti». Diviene cioè plastico l’intreccio fra la pietas per le vittime, la mobilitazione dei cittadini nelle varie forme e l’indicazione di una strage chiaramente di marca neofascista.
Gli anniversari
Il primo anniversario della Strage - «Un anno per ricordare, un giorno per pensare» - trova la città nuovamente in piazza. Cresce una domanda imperiosa di verità, che reclama l’individuazione delle responsabilità di un’intera stagione di terrorismo. Il Giornale torna più volte sull’unitarietà della risposta antifascista di tutte le forze democratiche, segnala gesti di intolleranza da parte di giovani estremisti, sottolinea come il ritrovarsi in piazza anno dopo anno non costituisce la stanca reiterazione di un rito retorico, ma il gesto di un consapevole impegno. L’anniversario non è cioè espressione semplicemente della volontà di una presenza, ma vuole testimoniare l’attesa della verità e della giustizia che tarda ad arrivare.
Anno dopo anno il Giornale dà conto delle iniziative legate alla memoria della strage: rabbia, dolore e sgomento trasmutano nell’onere morale di non dimenticare. Perché quell’orrore comunichi consapevolezza dei valori democratici anche per chi era bambino o neppure ancora nato. In città case editrici e fondazioni culturali raccolgono e pubblicano documenti, per una pubblicistica che raggiungerà centinaia di volumi, mentre i materiali prodotti dalle varie fasi processuali e altre testimonianze sono via via raccolte dalla Casa della memoria, voluta nel dicembre del 2000 dall’Associazione dei familiari dei caduti della strage unitamente a Comune e Provincia.
La data del 28 maggio non perde alcuna delle motivazioni che, anno dopo anno, continuano a caricare di significati la commemorazione pubblica di quell’evento luttuoso. La necessità della memoria di contro alla fragilità del ricordo, al senso di impotenza delle parole, resta viva, nelle molteplici iniziative che si svolgono annualmente in città.
In piazza della Loggia si alternano ogni anno uomini politici e delle istituzioni, personaggi della vita civile, della magistratura, del sindacato, dell’associazionismo, sino alla straordinaria accoglienza riservata al Presidente della Repubblica Sandro Pertini nel 1982, poi a Tina Anselmi, Leo Valiani, Norberto Bobbio e il Capo dello Stato Luigi Scalfaro nell’occasione del ventennale.
Il decennale
Si segnalano il costante coinvolgimento degli studenti, la presenza dei lavoratori, le dichiarazioni dei partiti, col Giornale a titolare - nel 1981 - circa la necessità di concedere «Nessuno spazio alla rassegnazione e allo scontro se si vogliono sconfiggere eversione e terrorismo».
E, ancora, come nel decennale del 1984, il quotidiano sottolinea l’indignazione per una «Brescia che attende ancora giustizia» col direttore Giovanbattista Lanzani a rammentare come rimanga ancora offeso «il tessuto civile della città, il suo volto morale».
La ricerca della verità
Sin dai primi anni diviene chiaro come accanto alla verità storico-politica, tarderà il raggiungimento della verità giudiziaria, incontrando ostacoli, ritardi, depistaggi per un intero quarantennio. Come si scrive nel corso degli anni Ottanta e Novanta del Novecento, «ancora sanguina la ferita inferta alla città».
Una ferita mai rimarginata che continua a suscitare angoscia e sgomento, soprattutto un sentimento di vivissima indignazione, «quella verità e giustizia che sole possono restituire pace ai nostri morti e consentire di riconciliarci con la nostra storia, di continuare a riconoscere il criterio di distinzione del bene dal male, della verità dalla menzogna».
Il ventennale
Nel ventennale del 1994 le manifestazioni si moltiplicano. Fioriscono le iniziative per le scuole, coinvolte in progetti di lungo corso, soprattutto si avvia la riflessione sullo stragismo e sugli anni di piombo, col Giornale a sottolineare nuove parole, «Verità e giustizia. Memoria e meditazione».
E non manca l’informazione sulle tensioni e gli scontri di quella mattinata, «fra applausi e fischi» diretti al presidente Scalfaro e «segnali non capiti di una piazza che non conosce». Il clima unitario pare tornare a cavallo degli anni Novanta: è l’attesa per le sentenze che consentono di sperare, per una città chiamata - così un titolo del 1997 - alla «Ricerca della verità e il coraggio di accettarla».
L’Italia è cambiata e trovano spazio anche anniversari legati alle emozioni, come per l’intervento di Beatrice Bazoli, che nella strage ha perso la madre - «Vorrei parlarvi della mamma… e cala il silenzio», così nel 1997 - o di quando nel 1999 non manca la sottolineatura di una piazza dove convivono «Bandiere, delegazioni, discorsi ma soprattutto i sentimenti di chi ha vissuto quella giornata».
La narrazione a colori
Il trentennale - ma sarà così pure dieci anni più tardi - assume per le pagine del Giornale la necessità di raccontare un evento che si è fatto storia e al quale dedicare numerose pagine supplementari. Ci si rivolge alle nuove generazioni, si riepilogano nomi e accadimenti, si ripubblicano le immagini di quella tragica giornata.
Nel maggio del 2005 il colore accompagna per la prima volta le pagine dedicate alla strage. La comunicazione contemporanea del ricordo e dell’attesa della verità assume le cromie di fiori, puzzle, striscioni che adornano la piazza.
Così nel 2009 il titolo del Giornale per i 35 anni dall’evento è «Il tempo non scolora il desiderio di verità», mentre le fotografie testimoniano della presenza di giovani dalle magliette coloratissime e manifestazioni pubbliche uscite finalmente dal grigio.Su tutto, rimane nei titoli del Giornale l’appello al necessario raggiungimento della verità giudiziaria: «Lo squarcio nelle coscienze per una verità ancora negata» è il titolo d’apertura del 2011.
La strage è storia del presente. Lo ricorda lo stesso Giornale nel 2020 - «Dalla strage all’emergenza Covid Brescia si rialza facendo comunità» il titolo - aprendo ancora nel 2023 a caratteri di scatola «Sarebbe una tragedia perdere la memoria di ciò che è accaduto in piazza della Loggia».
Finalmente le diverse inchieste succedutesi lungo un complesso iter giudiziario portano alla luce i mandanti solamente con la sentenza del luglio del 2015, ben 41 anni dopo l’eccidio. Il Giornale informa con costanza i suoi lettori anche quando il 20 giugno 2017 la Corte di Cassazione conferma la condanna all’ergastolo dei mandanti appartenenti a Ordine Nuovo. Cinquant’anni, mezzo secolo. L’evento rimane vivo nel ricordo pubblico: ne sono testimonianza gli incontri di approfondimento, l’impegno della narrazione alle giovani generazioni delle ragioni di quel che accadde e i pericoli del loro riproporsi, le molteplici iniziative previste. Il Giornale di Brescia continua a raccontarle.
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