LA SPOSA BAMBINA

Regia: Khadija Al-Salami
Con: Reham Mohammed , Rana Mohammed , Ibrahim Al Ashmori, Naziha Alansi , Husam Alshiabali , Sawadi Alkainai, Samaa Alhamdani
Genere: drammatico
Distribuzione: Cecchi Gori
“Mi chiamo Nojoom, ho 10 anni e voglio il divorzio” è la sconcertante e drammatica frase di lancio che è pure il succo di questo film coprodotto da Francia, Yemen ed Emirati Arabi vincitore del Festival international du film de Dubai, il primo diretto da una donna yemenita, la documentarista Khadija al-Salami, costato 80 mila dollari e girato clandestinamente nello Yemen con una troupe egiziana non esistendone una locale. Tratta dal romanzo autobiografico di Nojoud Ali, scritto insieme alla giornalista Delphine Minoui, la vicenda è in parte anche autobiografica della regista, andata in sposa a 11 anni ad un uomo di oltre vent'anni più grande, dal quale Khadija ha trovato il coraggio di affrancarsi per poi andare a vivere e crescere anche artisticamente in Francia e negli Usa. Una pellicola di evidente impegno civile e di denuncia che prende spunto da una pratica retrograda che definire barbara è poco: le bambine costrette a sposare uomini adulti, pratica resa possibile dal fatto che nello Yemen dove non ci sono leggi che regolano i limiti di età previsti per contrarre matrimonio. Un problema grave e tutt’oggi irrisolto che non riguarda solo tale nazione: secondo le Nazioni Unite infatti nel mondo ci sarebbero 70.000 vittime ogni anno causate da lesioni o parto precoce dovuto a matrimoni combinati con bambine minorenni. Qui si parla di Nojoom, il cui nome significa Stelle, una bambina di 10 anni il cui padre si è trasferito con la famiglia in città in cerca di fortuna e per ovviare alle difficoltà economiche costringe la figlia a sposare un uomo di 30 anni, cosa che gli garantirà un po’ di serenità di vita grazie ad una piccola entrata economica e ad avere una bocca in meno da sfamare.. Nojoom è però una bimba e proprio nel giorno del suo matrimonio, mentre le donne della famiglia la stanno festeggiando, scappa con le amiche a giocare, si toglie l’abito nuziale e rivende la fede per comprare una bambola che diventerà un oggetto importante, ricordo dell’innocenza che perderà: per contratto, il marito non dovrebbe avere con lei rapporti prima che abbia raggiunto la pubertà, ma così non è. Portata a vivere dallo sposo nella sua abitazione in periferia, subisce gli abusi sessuali del consorte che la violenta e inoltre viene costretta a lavorare, sotto l’occhio accusatorio della suocera che la picchia quando disobbedisce. La bimba però ha un carattere ribelle ed indomito: vuole la sua infanzia, la cerca disperatamente e - si vedrà come - riuscirà a fuggire per andare al tribunale a chiedere il divorzio…
La Al Salami conosce perfettamente i luoghi e mentalità il che fa del suo film documento autentico. Evitando però di calcare troppo i toni e la denuncia (il suo “j’accuse” è però più che evidente allo spettatore), non semplifica la storia e cerca di rendere giustizia sia alla complessità della società yemenita (da cui è venuto l'attivista premio Nobel per la pace Tawakkol Karman), sia alle e difficoltà di sopravvivenza dei suoi abitanti più poveri che vivono di pastorizia. La sceneggiatura pertanto inizia nel presente, ripercorre il passato e poi fa rivedere quello stesso passato dal punto di vista del padre, senza giustificarne le scelte ma contestualizzandone le motivazioni e mostrando come la famiglia delle bimba sia vittima della miseria, dell'ignoranza e di imposizioni sociali che perpetuano nei più deboli e disinformati una situazione di iniquità, ma anche di una religiosità che non è tale, ma desiderio di supremazia e brama di potere. Da qui le scelte del padre nel timore di essere disonorato e veder derisa dalla sua famiglia. La sua vittima non è solo Nojoom, ma anche il di lei fratellino viene mandato in Arabia Saudita per lavorare (il tema del lavoro dei bambini è pure molto scottante, pur se qui toccato di sguincio). Insomma uno status ed un condizionamento mentale che generano pure un rabbrividente “collaborazionismo femminile” che perpetua l'oppressione di madre in figlia: in chiave molto minore si pensi alla fresca vicenda italiana della mamma che ha picchiato brutalmente la figlia perché per andare a scuola si toglieva il velo… Importante per la denuncia che fa, anche se in un modo un po’ – ovviamente – didascalico, “la sposa bambina“ si fa notare anche per alcuni valori artistici: l’incantevole bambina, nipote della regista, che interpreta Nijood, una piccolina avvolta nei veli neri, lucenti occhi scuri, viso aggrottato nel dolore e nella cocciuta e coraggiosa decisione di riprendersi la vita: lo splendido vuoto e attualmente irraggiungibile paesaggio rupestre dello Yemen, un mondo tutto arcaico pur se circolano auto e cellulari. Il trailer unico extra.
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