Storie

LA PAZZA DELLA PORTA ACCANTO

Regia: Antonietta De Lillo
AA

Regia: Antonietta De Lillo
Con: Alda Merini  
Genere: documentario
Distribuzione: CG entertainment

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La regista Antonietta De Lillo non ha diretto solo film tra cui uno dei più riusciti ed elogiati è “Il resto di niente” presentato appena sopra, ma anche di premiati documentari e video-ritratti realizzati fra il 1992 ed il 1999. E il suo terzo ritratto d’artista dopo quelli dedicati al fotografo Angelo Novi e al cineasta Lucio Fulci fu “Ogni sedia ha il suo rumore” dedicato all’incontro che ebbe nel 1995 con la poetessa Alda Merini, conversazioni con lei inframmezzate dalla lettura di sue poesie per voce dell'attrice Licia Maglietta. Non tutto il materiale allora girato fu utilizzato (il mediometraggio dura 27 minuti) e finì negli Archivi della Rai da dove a distanza di 20 anni la De Lillo lo ha in parte ripreso per realizzare questo ritratto di una delle più importanti voci liriche italiane del Novecento: “La pazza della porta accanto” (che è anche il titolo di un libro di prosa del 1995 della scrittrice), rimontato assieme a fugaci riprese della Milano di oggi tra cui il Naviglio della Martesana. Un’intervista omaggio all’artista milanese a un lustro dalla sua scomparsa fatta lasciando spazio esclusivamente alle sue parole, alla sua personale verità, prima ancora che alla sua poesia e che è stata presentata al Torino Film festival e ora disponibile in dvd. Non è un personaggio facile la Merini, anzi è piuttosto scomodo con la sua vita travagliata: è stata ricoverata per 27 volte in quelli che si chiamavano manicomi, dove fu sottoposta anche a terribili sedute di elettroshock, dopo la prima delle quali, voluta dal marito, rimase in coma per tre giorni. Ma scomoda fu anche la sua religiosità, forte, ardente, ma anche sconfinante nella blasfemia… La De Lillo piazza la macchina da presa (più di una in realtà, si evince dal montaggio) al cospetto della Merini seduta al tavolo del suo studio o della sua cucina e lascia che sia lei a parlare in un collage di sguardi, dettagli, parole.

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E con la sua naturale schiettezza la poetessa si mette a nudo parlando di pensieri sul peccato, anima, isolamento, ipervalutazione dell'amore, clichés sulla santità dei poeti, morte, l'esperienza dell'ospedale psichiatrico, religione, il terribile distacco dai figli per via della malattia e il male contemporaneo dell'indifferenza in cui si finisce per annegare. Il suo è un linguaggio ordinario della "porta accanto" che all'improvviso si fa preciso, esatto, poetico; è  un'osservazione ravvicinatissima, nell'intimità di un'abitazione privata che, pur in quel poco che s'intravede: «Sai cosa vuol dire una tavola nuda, dove uno vive solo? – dice la Merini - Questo è il significato del disordine: non avere più un commensale a tavola».
Un ritratto dell’artista senza nascondere le contraddizioni che ne hanno caratterizzato la vita e le opere in cui la Merini ora sottraendosi ora esponendosi, ma sostanzialmente accettando che la regista si insinui nei recessi del suo animo, portando alla luce pensieri, riflessioni, momenti di ripensamento, ricordi, gioie e dolori – questi ultimi in amara sovrabbondanza- e sulla forza della speranza. Interventi densi, saggi, massime a volte frutto di uno stato di trance, con passaggi improvvisi all’invettiva, di una dolcezza furibonda e di una crudeltà inaspettata Sono solo 51 minuti, ma importanti sia per chi ha conosciuto e amato la poetessa Alda Merini, ma ancor più per chi ne è stato estraneo e che alla fine avrà voglia di leggere i suoi scritti.
 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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