Il cammino di Santiago senza cellulare: la sfida degli studenti del Capirola di Leno e Ghedi
«Da tempo pensavo ad un viaggio del genere. In realtà immaginavo una cosa meno estrema, come ad esempio un ritiro in qualche borgo dell’appennino tosco emiliano. Ma i professori Lisa Bettinzoli e Marco Lambruschi hanno fatto questa proposta, che è molto carina. Vedremo come andrà».
È decisamente entusiasta Gianmarco Martelloni, dirigente scolastico dell’Istituto superiore Capirola di Leno e Ghedi. Dal 25 settembre al 2 ottobre un gruppo di 25/30 studenti si cimenterà infatti con il cammino di Santiago de Compostela. Per la precisione nel tratto da Coruña a Muxia: parliamo di cinque tappe, per un totale di oltre 100 chilometri (74 chilometri le prime 4 tappe, a cui se ne aggiungerà una finale di 30 chilometri, da Finisterre a Muxia, lungo la costa atlantica).
Chilometri da fare a piedi, naturalmente, come vuole la tradizione. Peraltro (questa è la vera scommessa) senza avere a disposizione il proprio cellulare: staccati dal mondo, disconnessi per quasi una settimana. Una vera scommessa per generazioni che, di fatto, vivono «in Rete».
La sfida
«Il viaggio - spiega Martelloni - ha due piani: quello fisico-spirituale, cioè la dimensione del cammino, da intendere non necessariamente in senso religioso».
E poi la scommessa: «L’idea del viaggio fatto a piedi si sposa molto bene con la necessità di far sperimentare ai ragazzi uno spazio di digital detox, per fargli provare una dimensione sociale, che poi è la stessa che l’umanità ha provato fino a 15/20 anni fa, ovvero quando lo smartphone non era al centro della nostra vita. Vorremmo - auspica Martelloni - che, senza cellulare, i nostri ragazzi potessero provare a vivere un po’ più nel momento e non proiettati altrove, in un mondo illusorio, che al tempo stesso crea una vera dipendenza».
L’idea è di fare «un’esperienza fisica, dove si cammina e si fatica insieme, ci si guarda intorno senza l’ossessione del cellulare. Dobbiamo ancora decidere se il telefono andrà lasciato a casa (in questo caso delegheremo tutte le comunicazioni agli insegnanti) oppure fare un patto con i ragazzi e permettere loro di utilizzare il cellulare solo durante una piccola finestra serale, giusto per chiamare a casa e dire “sto bene”».
Prospettive
«Per conto mio - conclude il dirigente - sarei più incline all’esperienza radicale, per staccarsi da tutte le dipendenze che tutti noi, io compreso, anzi, io per primo, abbiamo. Non possiamo certo cancellare la tecnologia e vivere come monaci, però ritagliarci dei momenti di libertà, specie se condivisi, questo si può fare».
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