Giuliano Consoli, la sua casa aperta agli abbandonati

In quegli anni, l’Uganda, vive continui conflitti tra etnie diverse ed è teatro di vari colpi di stato. Ogni giorno la popolazione e i volontari sono esposti al pericolo dei militari, dei razziatori delle vicine tribù, dei ladri. Oltre a questo, il clima e le malattie endemiche (prima fra tutte la malaria) sono una compagnia quotidiana.
Nei mesi scorsi Margherita e il padre Ottavio Botta sono stati da lui. «L’abbiamo incontrato – ci raccontano – nella casetta che ha costruito in modo tradizionale e nella quale ci ospita insieme a un numero imprecisato (a volte non lo sa nemmeno lui…) di bambini, ragazzi e anziani che vengono accolti perché orfani, oppure abbandonati o malati. Il caloroso benvenuto da parte di tutti loro (con canti e balli) esprime la loro gioia di ricevere una visita; qualcuno che viene appositamente per stare con loro».
Il progetto
Nel 1987 Giuliano ha sposato Anna, una ragazza karimojong; «questo poteva costituire un fatto per cui sentirmi più integrato e accolto, ma avevo capito che avrei dovuto conoscere e entrare più a fondo nella loro cultura se volevo davvero essere d’aiuto e poter essere ascoltato», così ha raccontato. Durante la visita alla scuola di Namalu è nata l’idea di portare dall’Italia un gruppetto di giovani per ritinteggiare alcune aule. Nasce così il progetto «P.Tour», dove «P» sta per Primary school (la scuola elementare) e «Tour» per una visita in Uganda, le cose da fare non mancano.
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