Fece arrestare i rapinatori della sua tabaccheria, ora riapre: «Grazie a tutto il quartiere»

Il 27enne Giuseppe Bagnato alza nuovamente la serranda del suo locale al Villaggio Ferrari
Dopo la rapina riapre il tabacchi
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Dietro al sorriso di 27enne con quell’impronta di curiosità tipicamente giovanile, ogni tanto la mano torna alla fronte rasata, mentre le dita ripercorrono quella profonda ferita chiusa dalla sutura eseguita alla Poliambulanza, lasciata dalla sprangata ricevuta in testa da uno dei due rapinatori.

Ma la voglia di Giuseppe Bagnato, il tabaccaio del Villaggio Ferrari, rapinato la sera del 23 gennaio da due balordi, prevale sulle paure, sui ripensamenti sulla lunga convalescenza che i sanitari gli hanno comunque chiesto di rispettare.

Lui vuole tornare alla normalità, ai sogni e alle speranze che coltiva da sette anni, vuole continuare a gestire la sua attività. Quella ricevitoria che la violenta irruzione dei due banditi gli ha ridotto in frantumi.

«Si guardi attorno: qui c’è tutta la mia vita. Sacrifici, investimenti, speranze e perché no, anche voglia di riscatto. Sino a qua ho tribolato e ho costruito senza sabato o domeniche. E secondo lei potevo pensare di lasciare che due persone così mi portassero via tutto? Ho reagito alla rapina e lo rifarei. Contro la prevaricazione e la violenza».

La reazione

Giuseppe, pugile per passione e atleta di «mma» (arti marziali miste) quella sera non ha esitato ad affrontare i due rapinatori armati di pistola e spranga: «Non ho riconosciuto l’arma come giocattolo, ma quando me l’hanno puntata al ventre ho spinto via il braccio e in due mosse ho abbattuto il ladro. Poi l’altro mi ha colpito prima gli avambracci, poi la testa. Forte. Fortissimo. Avevo il sangue negli occhi e l’ho caricato: l’ho sollevato di peso anche se era un armadio e insieme siamo passati attraverso il vetro. Addosso al mio vicino, l’arrotino, che nella collutazione dell’arresto si è pure tagliato».

La vicinanza

Giuseppe Bagnato non si ritiene un eroe o un giustiziere: «Sono solo un commerciante che si è fatto da solo coi sacrifici e che non tollera prevaricazioni. Mi sono difeso facendo quello che so fare. E lo rifarei». Ieri all’apertura della tabaccheria molti residenti sono passati a salutarlo. Qualche anziano si è pure commosso nel porgergli una carezza: «Giuseppe è come un figlio. Un bravo ragazzo, educato. Sapeste che rabbia abbiamo provato a sapere che gli avevano fatto male...».

Con lui ieri c’era anche un’espressione del quartiere, l’avvocato Francesco Tomasini, consigliere comunale per Azione: «Era doveroso che passassi in questa giornata di ritorno. Vogliamo che Giuseppe senta la nostra vicinanza e quella dell’istituzione. Nel quartiere c’è molto da fare e cercheremo di partire dall’ascolto dei bisogni».

Ad ora al bisogno di Giuseppe ha risposto la gente: alle sue spalle il tabaccaio ha affisso un cartello che si è trovato incollato sulle vetrine. «Forza Giuseppe, guarisci presto. Ti vogliamo bene. I tuoi clienti». La risposta della società civile alle barbarie della violenza.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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