Rsa di Verolanuova: trentadue morti, esame sierologico a tutti
La telefonata è drammatica. «Qui stanno morendo in tanti e molti del personale sono ammalati». Dialogo a distanza tra un padre di 92 anni e la figlia. L’anziano è uno dei 120 che vivono nella casa di riposo Gambara Tavelli di Verolanuova, dove in queste tre settimane di emergenza Coronavirus sono morte 32 persone. Ospiti della Rsa che nessuno potrà dire con certezza che sono stati stroncati dal Covid-19 perché mai sono stati sottoposti a tampone.
La scelta. «Ats non ci da l’autorizzazione ad effettuarli, adesso qualcosa si sta bloccando per chi presenta sintomi, ma in questa drammatica vicenda le case di riposo sono state abbandonate», è lo sfogo del presidente della struttura bassaiola Giuliano Tirelli. La Rsa ha deciso di muoversi in autonomia e ieri tutti gli ospiti sono stati sottoposti all’esame sierologico e già questa sera un laboratorio di Padova al quale è stato affidato l’incarico fornirà i risultati. «Così potremo capire chi ha effettivamente contratto il virus e riorganizzare la casa di riposo per proteggere gli ospiti», spiega Tirelli.
Difficoltà. «Per noi è una spesa importante, circa 50 euro a persona, ma a questo punto non potevamo fare altrimenti». Ai 32 anziani deceduti va aggiunta una decina di dipendenti positivi e ora a casa. «Abbiamo vissuto settimane critiche perché siamo stati sottodimensionati nel personale. Solo in questi giorni siamo riusciti ad assumere nuovi collaboratori esterni ma non è stato facile», ammette Tirelli. Da fine febbraio le visite parenti sono state di fatto cancellate, ma fino a metà marzo è rimasto aperto il centro diurno, con persone che dall’esterno entravano nella Rsa per frequentare i corsi. Timori. «Alcune attività erano condivise con gli ospiti, ma non c’è stato un contatto sempre diretto. Poi, prima ancora della circolare di Ats, abbiamo deciso di chiudere il centro diurno».
La casa di riposo oggi è quindi blindata, ma la paura del contagio resta e alcuni anziani sono alle prese con problemi respiratori. «Mio padre stava bene, poi ha iniziato ad avere bisogno dell’ossigeno. Non lo vedo dall’ultimo sabato di febbraio - racconta la figlia di un ospite - So che nelle scorse settimane andavano negli spazi per il pranzo a giorni alterni in base al numero del letto per non essere in troppi. La situazione mi spaventa».
«Con un grande sforzo e grazie alla collaborazione di alcune aziende il nostro personale ha sempre avuto i dispositivi di protezione, ma bisogna riconoscere - commenta il presidente della Gambara Tavelli, Giuliano Tirelli - che le istituzioni sanitarie hanno lasciato in secondo piano le esigenze delle case di riposo e oggi continuiamo a contare i morti».
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