L’Italia e altri 8 Paesi chiedono i coronabond, Berlino dice no
Ormai molti in Europa, almeno nove Paesi tra cui l’Italia, credono sia arrivato il momento di dimostrare vera solidarietà e spirito comunitario di fronte alla nuova crisi innescata dall’epidemia da coronavirus. Tradotto in termini economici, significa creare gli eurobond. Ma tutti gli altri, Germania e Olanda in testa, non sono pronti a superare il tabù della condivisione delle risorse e tantomeno dei debiti. Sullo schermo del vertice europeo virtuale di oggi si presenterà quindi un’Unione più divisa e tormentata che mai, ma consapevole di dover trovare una strada comune per evitare di farsi cogliere impreparata quando e se la crisi economica dovesse trasformarsi in crisi finanziaria.
Sul piano politico, invece, dopo un Eurogruppo inconcludente che non è riuscito a mettere nero su bianco nelle sue conclusioni la parola «coronabond», la palla passa ora agli unici in grado di risolvere politicamente l’impasse in cui si trova l’Europa chiamata a mettere in campo tutte le sue armi per arginare gli effetti di una recessione che si annuncia pesantissima già dal primo semestre. Finora, l’unica vera risposta comune è stata la sospensione del Patto di Stabilità e l’allentamento delle regole degli aiuti di Stato.
Le due decisioni hanno consentito ai Governi Ue di preparare piani di intervento da miliardi di euro per tenere a galla le proprie economie. L’ultimo in ordine di tempo è il piano varato dal Bundestag ieri, che prevede nuovi debiti per 156 miliardi. La Francia ne ha messi sul piatto oltre 200, l’Italia, per ora, soltanto i 25 del Cura Italia ma sta lavorando al nuovo dl di aprile che dettaglierà anche le risorse necessarie alle aziende oltre a quelle per la cassa integrazione. Si tratta, però, di interventi nazionali. E anche se non peseranno sul deficit, perché il Patto è sospeso e queste spese verranno scorporate, andranno ad ingrossare i debiti.
Proprio sulla consapevolezza che la zona euro sia un mercato unico, fanno leva i 9 premier che hanno inviato una lettera al presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, che presiede il vertice. Secondo Italia, Spagna, Francia, Portogallo, Slovenia, Grecia, Irlanda, Belgio e Lussemburgo è arrivato il momento di mettere in campo «uno strumento di debito comune emesso da una istituzione dell’Ue per raccogliere risorse sul mercato sulle stesse basi e a beneficio di tutti gli Stati Membri, garantendo in questo modo il finanziamento stabile e a lungo termine delle politiche utili a contrastare i danni causati da questa pandemia».
Prima di tutto, scrivono i nove leader, «bisogna riconoscere la gravità della situazione e la necessità di una ulteriore reazione». In sostanza i leader fanno capire che le attuali linee di credito del Mes, che l’Eurogruppo è pronto a sostenere, non sono sufficienti. Bisognerebbe chiederle individualmente, mentre invece «stiamo tutti affrontando uno shock simmetrico esogeno, di cui non è responsabile alcun Paese, ma le cui conseguenze negative gravano su tutti». L’unica soluzione è quindi uno strumento nuovo, e per i nove è il coronabond.
La presidente della Bce Christine Lagarde appoggia l’idea, la vede come uno strumento da usare «una tantum» e ha già provato a spingere l’Eurogruppo ad esplorarla. Ma si è scontrata con il muro innalzato da Germania e Olanda. «Sugli eurobond l’idea del governo tedesco e della cancelliera non è cambiata: anche in tempi di crisi è ancora necessario che controllo e garanzia restino nella stessa mano», ha detto il portavoce della Merkel.
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