A Brescia ci sono stati dei concerti epici, anche se non sembra vero

Da Brescia sono passati alcuni concerti davvero leggendari. A ospitarli furono lo stadio Rigamonti a Mompiano, le piazze del centro città e altri palchi più o meno periferici. Il primo che viene in mente è senza dubbio quello dei Pink Floyd, forse il concerto epico che si nomina più spesso; ma molte persone dimenticano che a Brescia si sono visti dal vivo anche Elton John, Joe Cocker e soprattutto David Bowie.
Gli anni d’oro sono stati quelli tra il 1970 e i primi Duemila. Prendiamo il 2001: in piazza Paolo VI si esibirono Mark Knopfler, Neil Young & Crazy Horse, Black Crowes, Bob Dylan e Alanis Morissette, uno dietro l’altro. L’occasione era il «Brescia Summer Festival» organizzato dal Giornale di Brescia, che in quei primi anni del nuovo millennio portò in città nomi davvero incredibili. Nella stessa estate, lì a due passi, «Brescia Grande musica» ospitò Elisa, Pino Daniele, Franco Battiato, Piero Pelù e Francesco De Gregori. Spesso e volentieri – per non dire praticamente sempre – c’era lo zampino dei promoter D’Alessandro&Galli.
Da Brescia passarono anche l’Usignolo di Woodstock Joan Baez (non solo al Vittoriale nel 2016, ma anche in città nel 1994), i Jamiroquai, Sting, Lenny Kravitz, Rod Steward...

C’è poi chi ricorda Vasco a Vobarno nell’estate del 1982. Chi il 12 febbraio del 2006 era in platea al Teatro Grande per uno dei concerti più eterei di Elisa, a Brescia con l’album Lotus. Ancora: chi fu tra il pubblico quando Miles Davis si esibì all’Eib nel 1989. E chi nel 2000 può dire di aver visto il primo tour dei Lùnapop a Montichiari (a quel tempo in Italia avevano lo stesso peso degli Oasis in Gran Bretagna).

Quelli appena citati sono solo cuccioli di concerto. Ma non mancano, appunto, i concertoni: quelli indimenticati e indimenticabili sono almeno una decina. E non mancano nemmeno quelli davvero assurdi. Molti di questi li ha fotografati Umberto Favretto dell’agenzia New Reporter: dal suo archivio abbiamo estratto molte delle immagini che hanno fatto la storia musicale della città, sopra e sotto il palco.
David Bowie
Era l’8 luglio del 1997 e David Bowie arrivò al Rigamonti su un furgoncino scortato dalla Polizia. A quanto pare – come raccontava la giornalista Giovanna Capretti sul Giornale di Brescia – nessuno se ne accorse: erano tutti intenti ad aspettare gli amici o a telefonare con i primi cellulari e così il Duca Bianco, che quella sera si sarebbe esibito in uno dei concerti più iconici della storia della città, entrò nel dietro le quinte senza tanto bailamme.
La cronaca di quella serata parte in sordina, ma tutto il resto fu epico. Una festa psichedelica sul palco, si dice: il concerto – che era organizzato da Teletutto Bresciasette e dal Giornale di Brescia – aveva una scenografia memorabile (la gente ricorda i due grandi bulbi oculari che a fine serata furono lanciati in cielo, per poi scoppiare in mezzo al pubblico). E soprattutto Bowie seguì una scaletta che accontentava gli over30 – che si aspettavano un tuffo nostalgico – e i teenager che cominciavano a conoscere il David Bowie più moderno.

Bowie si esibì in «Quicksand», «All the young dudes», «Battle for Britain», «Fashion», «Heroes» … E in «Under Brescia». Non «Under pressure»: fu proprio Ziggy Stardust a intonare il brano così, omaggiando la città.
Elton John
Erano oltre seimila gli spettatori e le spettatrici per Elton John il 20 giugno del 2000. Anche lui si esibì al Rigamonti, anche lui propose una scaletta bella lunga, per non lasciare a bocca asciutta nessuno. Anche perché il concerto era il recupero di uno show dell’anno prima che saltò. Non c’erano però bulbi oculari e stravaganze, «sciogliendo i dubbi che oggi non si possa più fare un bel concerto senza raggi laser e ballerine», come scrisse Francesco Fredi nella recensione della serata.

Fra i trenta brani che il baronetto del pop-rock suonò con il suo pianoforte (sul palco non c’era nessun altro) ci sono «Your song» – brano giusto per aprire con un po’ di pelle d’oca – e poi «Honky cat», «Rocket man» (preceduta da un blackout presto risolto), «The greatest discovery», «Border song» e soprattutto «Daniel» e «Crocodile Rock».

Fun fact: tra il pubblico c’era anche Lory Del Santo.

Joe Cocker
Il 2000 fu anche l’anno di Joe Cocker, che però non era la prima volta che si esibiva in terra bresciana. Era già passato da Salò nel 1987 a 43 anni, al campo sportivo, davanti a duemila persone. Nel 2000, invece, lo ospitò piazza Paolo VI per il Brescia Summer Festival (erano gli anni dei concerti davanti al Duomo).

«Il vecchio leone ruggisce ancora», titolavano in prima pagina i giornalisti di allora il giorno seguente, raccontando – Maurizio Matteotti – di come Joe sotto un cielo plumbeo mise in scena «l’intero repertorio: le zampate di gola e le corde vocali abrase con la carta vetrata, gli acuti strozzati e quelli puliti (per i quali ha sacrificato le sigarette), i soffi brucianti (di uno che di gas se ne intendeva) e le profondità (esaltate da “Up where we belong”)».
Ma è anche nella narrazione di Franco Bassini – che di quella sera descrisse il colore – che si leggono dettagli storici interessantissimi e nostalgici: «Tutti seduti per i primi pezzi – diceva degli spettatori – sfoderando al massimo il telefonino per regalare, con un misto di affetto e sadismo, qualche scampolo di canzone agli amici assenti (che anche in questa occasione hanno avuto torto).Tutti in piedi nell’ultima mezz’ora, scatenati da “Unchain My Heart” e ancor prima dalla fin troppo citata “You Can Leave Your Hat On”, con il pensiero che vola a Kim Basinger e nulla però che vola sul palco».
I Pink Floyd
Quello dei Pink Floyd è probabilmente il concertone epico per antonomasia per Brescia, anche se erano ancora agli albori. Si tenne al Palazzetto Eib il 19 giugno del 1971 e per capire la portata dell’evento è utile guardare al quadro generale. Il gruppo aveva registrato il suo primo album nel 1967 (solo quattro anni prima: stavano quindi per raggiungere l’apice del successo che arrivò con «The dark side of the moon» nel 1973) ed erano gli anni post-rottura dei Beatles.
In platea c’erano cinque, seimila spettatori al massimo. Si vocifera che inizialmente Brescia non era prevista nel tour di quell’anno, ma che la città si aggiudicò una tappa grazie ad alcune incertezze burocratiche milanesi «Spettacolo per i giovani, questa sera alle ore 22 all’Eib, dove sarà ospite il complesso inglese dei Pink Floyd, uno tra i più quotati del momento. Ingresso unico a L. 1500», scrisse quindi il Giornale di Brescia di quello stesso giorno.
Anche all’indomani dello show il quotidiano della città non dedicò più di una fotonotizia all’evento, peraltro scegliendo di puntare i riflettori sui rider di Harley-Davidson che arrivarono all’Eib in moto, piuttosto che sul complesso.

Ad ogni modo chi c’era – come il giornalista e fotoreporter Armando Gallo, che racconta della serata nella prefazione al libro di Mirko Boroni edito da Liberedizioni – ricorda come quel concerto fu spoglio, essenziale, senza fronzoli scenografici. Ma mitico.
Bob Dylan
Altro nome piuttosto mitico che è passato anche da Brescia: Bob Dylan nell’estate del 2001 fu in Piazza Duomo, per l’occasione affollatissima. I numeri ufficiali parlano di settemila persone.

Era il terzo appuntamento del «Brescia Summer Festival» di quell’estate e il cantautore americano si esibì per due ore scegliendo diverse canzoni memorabili dell’allora quarantennio di vita artistica.
Quanti c’erano riportano che il momento più coinvolgente fu l’esecuzione di «Like a rolling stone»: i riflettori in quel momento illuminarono la platea – raccontava Franco Bassini dalle pagine del Giornale di Brescia – e tutta la piazza si alzò in piedi.
Nella folla c’erano anche Fernanda Pivano e Dori Ghezzi e a quanto pare Dylan, quel giorno, ne approfittò per girare in incognito per la città, passando anche dal Tempio Capitolino.
I Cranberries
Gli anni ’90 furono un decennio di grande miscuglio musicale. C’erano gli ultimi strascichi del primo punk e gli albori del pop come oggi lo intendiamo. C’erano la dance, il grunge, il britpop. E poi c’era il rock folk irlandese dei The Cranberries: Dolores O’Riordan e i suoi si esibirono anche a Brescia, a un certo punto.

Erano sempre gli anni d’oro dei concertoni bresciani, quelli a cavallo tra gli anni ’90 e il 2000. Anzi, era proprio il 2000 e il biglietto d’ingresso al Rigamonti (sempre lui) costava 45.000 lire. Lo comprarono ottomila persone. O’Riordan era incinta e la scenografia era tutta stelline e luci caleidoscopiche.

«Promises», «Loud & Clear», «Ode To My Family», «Wanted», «Salvation», «Desperate Andy» la cover di «Go Your Own Way» dei Fleetwood Mac, «Shattered», «Dying The Sun», «Linger», «Just My Imagination», «When you’re gone», «Can’t Be With You», «Zombie», «How», «Ridicolous», «Pretty», «Animal Instinct», «Free To Decide», «Delilah». E «Dreams». Questa la scaletta, che su «Zombie» ha fatto «venire giù il Rigamonti», come riportava Maurizio Matteotti nella sua recensione post-concerto.
Alanis Morissette

«Il Brescia Music Festival accoglierà domani sera per il suo ultimo appuntamento una delle più belle voci femminili degli ultimi anni. Stiamo parlando di Alanis Morissette, che si esibirà sul palco di Piazza Duomo a Brescia. Bellissima voce, accompagnata da una band che sa esaltare al meglio le sue qualità, la Morissette proporrà brani tratti da suoi lavori ma soprattutto da “Jagged Little Pill”, uscito nel 1995 e capace di scalare le classifiche grazie al singolo “You Oughta Know”»: nel luglio del 2001 Alanis Morissette veniva annunciata così sul giornale della città.
Non fu però il successo che si pensava. Primo: la cantante si presentò in ritardo di mezz’ora. Secondo: il pubblico era meno numeroso rispetto a quello che c'era con Bob Dylan (appena passato di lì) e mancava anche la classica gente alla finestra, di solito immancabile ai concerti in centro storico. Detto questo, le cronache riportano di uno show energico e grintoso, con una scaletta di novanta intensi minuti culminati con «Ironic» (come scrisse Gianluca Magro).
«La cantante è una molla, salta e balla da una parte all'altra del palco», scriveva Pippo Piarulli. «La ragazza si dà da fare, grintosa, dotata di una bella voce, abile interprete ed il suo pubblico l’apprezza. Il fatto è che il resto dell’audience, quello neutrale, si è fatto la bocca nei giorni precedenti con personaggi che si chiamano Knopfler, Young e Dylan e francamente il confronto la vede in svantaggio». Cantò «You Learn», «Bent for you», «Head over feet», tra chitarra classica ed elettrica. E lasciò «Ironic» per ultima, lasciando che fosse il pubblico al completo a cantare (senza concedere bis).
Dalla e De Gregori
I concerti appena citati sono accomunati dall’internazionalità, e forse è anche questa caratteristica ad averli resi epici e indimenticabili. Le cantanti e i cantanti italiani è più facile che passino da Brescia, ma alcuni tour sono certamente eccezionali, anche se nazionali.
Come quello di Lucio Dalla e Francesco De Gregori. Anche loro al Rigamonti, anche loro con un concerto che ha i tratti del mito. Se non altro perché fece un numero di presenze inimmaginabile.
La tournée – curata da Ron – era quella del 1979, «Banana Republic». Si teneva negli stadi italiani e in quello del Brescia arrivò il 23 luglio. Venticinquemila spettatori assistettero al concerto del duo, che si esibì sul palco sistemato in zona curva Sud.
Tornarono poi, sempre in coppia, nel 2010, ma stavolta in Piazza della Loggia, a 31 anni dalla fortunatissima tournée.

I Blue e l’ex Spice Girl

17 giugno 2005, San Polo. Inizialmente doveva essere in Piazza Duomo, ma lo spostamento del concerto fu necessario: il gruppo inglese di inizio Duemila (erede di Take That e Backstreet Boys) portò allo Stadio Invernici quindicimila persone. Ragazze, nello specifico, perché quello è il target dei Blue. Un dettaglio che non vuole però sminuire la portata di un evento pop e nazionalpopolare che ben rappresenta il filone e il fenomeno delle boy band. Che va di pari passo con quello delle girl band: in questo caso il momento di orgoglio più alto per Brescia fu quando Mel C delle Spice Girls presentò il suo nuovo album a Rodengo Saiano, nel giugno del 2018.

Eredi dei Take That, dicevamo: ad aprire il concerto fu addirittura Mark Owen, membro della band di cui faceva parte negli anni ‘90 anche Robbie Williams.
I Deep Purple
Fa ancora più strano dirlo, ma i Deep Purple si sono esibiti a Pontoglio. Ancora meglio: all’oratorio di Pontoglio. Con una selezione di loro pezzi e con una decina di riff che hanno fatto la storia del rock, si racconta.

Come arrivarono a Pontoglio resta un mistero. Il concerto era promosso dalla Faustini Promotion, costava 35.000 lire ed era parte di una tournée più lunga che in Italia toccò anche l’Idroscalo di Milano, Pistoia e la scalinata dell’Eur a Roma.
Franco Bassini, giornalista del Giornale di Brescia, riportò così la serata: «A parte “Child In time” (ignorato anche nel concerto dell’autunno del ’96 al Tenda di via Ziziola), i Deep Purple hanno riproposto tutti i loro principali successi, da “Strange Kind Of Woman” a “Space Truckin’”, da “My Woman From Tokyo” a “Lazy”, da “Blood sucker” a “Smoke On The Water”, per congedarsi con “Black Night”, preceduta, richiesta, annunciata dall’inconfondibile riff cantanto a squarciagola dal pubblico, e la trascinante “Highway Star”. E provate a non saltare, se ci riuscite».
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