Come vedere l’Africa uscendo dai circuiti turistici convenzionali
Vedere l’Africa è una di quelle esperienze da fare almeno una volta nella vita. L’Africa «vera» chiaramente, quella del best seller di Karen Blixen, quella che ispirato il capolavoro Disney «Il Re Leone», quella che ha affascinato intere generazioni tramite fotografie, documentari e racconti. Ma farlo in modo «etico», nel 2024, sembra un’opzione di viaggio praticamente impossibile.
Invece è proprio questa l’idea alla base del nuovo progetto di Via Etica Ets, associazione bresciana fondata nel 2014 dal dottor Marco Capretti e dal professor Fabrizio Arici che opera da anni nel continente africano (in Togo, Madagascar e Kenya). La concomitanza tra il pensionamento di Arici, che ha chiuso la sua carriera scolastica al Copernico nel 2023, e la volontà dell’ente no profit di aver un impatto diretto sulle comunità locali, ha dato vita ad un affascinante progetto in Kenya: «L’idea è quella di offrire un viaggio organizzato che permetta ai partecipanti di toccare con mano tutte le sfaccettature della complessa società africana – ha spiegato lo stesso Fabrizio Arici che dell’esperienza è stato l’ideatore - il percorso, che ha una durata di 12 giorni, spazia tra le città, i villaggi e la natura». La quota «etica», invece, è una costante dell’intero viaggio: «I soggiorni sono tutti in strutture gestite da locali - ha proseguito l’ex professore di educazione fisica - anche i pasti e le esperienze lo sono, senza dimenticare la guida ed autista in loco (Apin Yasin Arik) che è un membro della comunità Samburu».
Nairobi tra museo, tempio e slum
Il viaggio comincia a Nairobi dove è prevista una permanenza di due giorni per assaporare la complessità di una metropoli africana: «Nella capitale del Kenya si fa una visita al Museo Nazionale, per un’infarinatura sulla storia del Paese, una tappa ad un tempio induista, per comprendere la grande varietà religiosa del Kenia, e una passeggiata per le vie del centro con una sosta al Kenyatta Center».
Prima di lasciare Nairobi c’è anche la visita allo slum di Kibera, il più grande della città: «Abbiamo ritenuto importante poter mostrare anche questo lato visto che 3.5 dei 5 milioni di abitanti della capitale vivono nei vari slum - ci ha tenuto a sottolineare Arici che partecipa al viaggio in qualità di guida e referente -. Possiamo visitarlo in totale sicurezza solo grazie alla collaborazione di un ente locale che ci fa anche da guida e con cui stiamo lavorando ad un progetto condiviso legato ai rifiuti».
La visita alla baraccopoli più grande di tutta l’Africa è un’esperienza davvero singolare ed arricchente: «Dobbiamo condividere la nostra esperienza sociale perché viviamo in maniera diversa dalle altre persone - ha spiegato Brian Nyabuti, la guida all’interno dello slum - abbiamo tanti turisti in Kenya, ma nessuno hai mai visto uno slum perché è una parte che viene tenuta nascosta».
Lo stesso Brian, nato cresciuto proprio a Kibera, è anche a capo di un organizzazione chiamata «Slums going green and clean»: «Cerchiamo di combattere l’abbandono dei rifiuti qui a Kibera con una squadra di circa 20 persone che ogni settimana va a recuperare i rifiuti, in particolare proviamo a recuperare un tipo di plastica dura vietata dal governo nel 2018, ma ancora utilizzata. Noi la raccogliamo e poi la trasformiamo nelle insegne per le case degli slum». Una vera sfida, come insegnare a tutta la comunità che l’abbandono dei rifiuti è una cosa dannosa.
Monte Kenya e l’orfanotrofio
Lasciata Nairobi il viaggio prosegue verso il Monte Kenya per passare due giorni all’interno dell’orfanotrofio Meru Children’s Home: «Il sostegno a questo orfanotrofio è stato uno dei nostri primi progetti in Kenya per cui ci fa sempre piacere tornare, far conoscere i ragazzi ai nostri viaggiatori, dare una mano e mostrare il lavoro fatto negli anni – ha spiegato il vicepresidente di Via Etica - durante la permanenza riusciamo anche a visitare le formidabili piantagioni di te di Miciimikuru».
Il viaggio poi si sposta più a nord per una permanenza di tre notti al Sabache eco camp, nel cuore della Contea di Samburu. Il primo passo è la visita ad un villaggio indipendente gestito esclusivamente da donne vittime di violenze che hanno scelto di isolarsi dalle convenzioni della comunità di appartenenza: «In questa particolare regione del Paese, poco frequentata dai turisti se non per i safari nei parchi, diamo la possibilità di entrare in contatto con la natura della savana, ma anche con la comunità Samburu - ha raccontato Apin che oltre ad essere la guida del viaggio e il referente di Via Etica per Samburu ed è anche un importante punto di riferimento dell’intera comunità - passiamo dallo Unity Women Village all’orfanotrofio degli elefanti, dagli animali della riserva di Buffalo Springs al pranzo in un ristorante locale specializzato nella tipica grigliata per i giorni di festa (Nyama Choma)».
Al Lions Cave
Ultima parte del viaggio in una scenografica struttura sulla riva del Ewaso Ngiro (il fiume marrone) a pochi passi da Archers Post: «Abbiamo deciso, per gli ultimi tre giorni, di alternare il relax che ti concede un luogo incantevole come Lions Cave con la visita ai nostri progetti nella zona. Sono diversi, ma Fabrizio ha scelto di focalizzarsi sulla prima scuola femminile dell’area con cui stiamo collaborando e le cinque attività finanziate dalle nostre iniziative di microcredito». Un’esperienza, quindi, davvero unica perché in grado di offrire una visione privilegiata del Kenya contemporaneamente ad una modalità alternativa per dare una mano: «Il viaggio stesso porta un beneficio economico diretto ai luoghi visitati, tutti estranei ai circuiti turistici convenzionali - ha concluso Fabrizio Arici - poi noi siamo un ente no profit per cui il ricavato di ogni singolo viaggio, al netto chiaramente delle spese sostenute, finisce nel capitale di Via Etica Ets che viene costantemente reinvestito per finanziare nuovi progetti».
Un tour non per tutti
Si tratta di un viaggio davvero lontano dall’immaginario comune del tour organizzato in Africa e proprio per questo non è adatto a tutti, ma nella sua unicità risiedono anche delle criticità logistiche, di adattamento ed emotive. È un’esperienza che tende sicuramente più verso il viaggio che verso la vacanza, fatta per quelli che amano scoprire piuttosto che osservare da lontano.
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