Case Aler, viaggio nei palazzi gialli di San Bartolomeo: il reportage

In questa zona di Brescia vivono tanti disabili e anziani che spesso non possono uscire per giorni: tra i problemi ascensori rotti, calcinacci, muffa, topi e allagamenti
  • Viaggio nelle case Aler di San Bartolomeo
    Viaggio nelle case Aler di San Bartolomeo - © www.giornaledibrescia.it
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AA

Faustino non ci dorme la notte: quel rumore tronfio e roboante lo fa sobbalzare a qualsiasi ora. Hassan e Hajar, autosufficienti se in compagnia della loro carrozzella, ci rimettono ogni volta uno spicchio in più della loro libertà, esattamente come la vicina di 92 anni e come la moglie di Smile, che con i problemi alle ginocchia proprio le scale non può farle. Letizia ha il balcone che si sta scorticando e quello del piano di sopra non è certo messo meglio: con i calcinacci, più simili a sassi per dimensione, ci ha riempito un sacchetto verde che porta con sé per dimostrare che quel che denuncia e sostiene (da ormai oltre un anno) è tutto vero.

I calcinaccio raccolti - © www.giornaledibrescia.it
I calcinaccio raccolti - © www.giornaledibrescia.it

Le porte condominiali non si chiudono, i cancelli che portano ai garage (costantemente allagati dalle perdite d’acqua) neppure: per questo, spesso, ci gironzolano estranei che abbandonano oggetti e spazzatura.

Le palazzine sono quelle spennellate di giallo pallido in via Vittime d’Istria, Fiume e Dalmazia. Le storie e le voci – a cui Diritti per tutti sta cercando di fornire aiuto – sono quelle delle quaranta famiglie che hanno un reddito rasoterra e che lì, in quei condomini Aler (nati circa 25 anni fa) anziché vivere, quando va bene sopravvivono, quando va male ci restano (letteralmente) intrappolati. Perché la concentrazione di disabili e anziani è alta e l’ascensore s’inceppa di continuo. Per giornate intere. E chi, come Hassan e Hajar, i tre o quattro piani non riesce a scalarli ha solo due possibilità: o resta chiuso dentro, o resta chiuso fuori.

Aspettando Godot

Shazia e la sua famiglia respirano muffa da tre anni: la casa sta al primo piano, si affaccia sulla strada e le tapparelle sono rotte da sempre. Ogni stanza ha la sua pena: in corridoio l’umidità e le infiltrazioni hanno divorato il bianco della pittura e lasciato in eredità chiazze che oscillano tra il marrone e il verdognolo; la vasca da bagno, invece, sembra un puzzle da completare: alcune mattonelle ci sono, al posto di altre restano dei buchi con tubature a vista. E pensare che tutto è frutto di una «manutenzione»: gli operai hanno martellato e sfasciato la muratura per rintracciare una perdita, ma a sistemare non sono mai tornati. Correva l’anno 2022 e Shazia e la sua famiglia stanno ancora aspettando Godot. Un giorno, rincasando, si è ritrovata per il salotto un ospite (sgradito): un serpente «e neppure troppo piccolo» a quanto si vede dal video che conserva sul cellulare. Per non parlare degli incontri ravvicinati con i topi, con cui i residenti si ritrovano ciclicamente a tu per tu.

«Qui – spiegano – ci sono una miriade di problemi, ma le segnalazioni cadono nel vuoto, anche quelle relative a servizi che noi paghiamo, come la manutenzione del verde. Abbiamo spese sempre più alte e servizi sempre più invisibili. Ci dicono che dipenda dalle morosità, ma sono debiti accumulati da precedenti inquilini». Il punto di esasperazione lo affidano al cartello srotolato insieme a Umberto Gobbi e recita lo slogan già pronunciato dai residenti della altre case (im)popolari: «Non siamo cittadini di serie C».

Isolati

Hassan ha trent’anni, fa l’impiegato, la carrozzella è un pezzo della sua autonomia. È arrabbiato, ma le sue disavventure le spiega con un tono di voce pacato, lo stesso garbo che si rilegge anche nelle mail recapitate ad Aler e alla ditta che ha in carico la manutenzione dell’ascensore: alcune le ha scritte lui, altre l’assistente sociale, tutte sono rimaste senza risposta. «Abito al terzo piano e più volte ho trovato l’ascensore staccato senza preavviso. Mio padre ha dovuto prendermi in braccio e con fatica portarmi in casa, lasciando la carrozzina nell’androne. Questa situazione va avanti da un anno, ciclicamente: la manutenzione stacca l’ascensore, lo lascia inaccessibile e torna a distanza di giorni. Sono pronto a rivolgermi a un avvocato – spiega – perché io rischio di ritrovarmi per strada, oppure di non poter andare al lavoro per tre giorni, come l’ultima volta». Una risposta, vis a vis, l’ha ricevuta da un tecnico al lavoro sul suo piano: «Va sostituito un pezzo danneggiato, ma mi hanno detto che il preventivo è fermo all’Aler e finché non viene saldato, il problema non sarà risolto». Nel frattempo, Hassan rischia di restare intrappolato in casa, ma i 250 euro al mese di spese condominiali li paga.

Hassan mostra le mail recapitate ad Aler - © www.giornaledibrescia.it
Hassan mostra le mail recapitate ad Aler - © www.giornaledibrescia.it

Hajar, invece, ha 15 anni e un sorriso che rasserena: anche lei sta sulla carrozzella e quando l’ascensore «viene staccato» andare a scuola è una (dis)avventura: «Devo mettermi a terra e scendere le scale scivolandoci sopra e aiutandomi con le mani». Ma la situazione peggiore è quella in cui si è ritrovata l’estate scorsa: «Il 20 luglio sono rimasta chiusa nell’ascensore perché si era bloccato: mi hanno aiutata i Vigili del fuoco. Per i due mesi successivi nessuno lo ha aggiustato e sia io sia la mia vicina, in carrozzella anche lei, eravamo intrappolate a casa: io uscivo solo una volta alla settimana. Per noi scendere e salire per tre piani è molto faticoso». E ora com’è la situazione? «L’ascensore si blocca spesso, è lentissimo e trema. Ma rischiamo...». Perché, in fondo, si sentono trattati come l’ultima ruota di un carro che non hanno scelto, ma con il quale devono convivere. 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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