Bullismo, quegli atti di coraggio per uscire dalla paura
I ricordi sono spesso confusi. Ci sono tentativi di rimozione, che fanno a schiaffi con l’inconscio bisogno di rivelare il proprio dolore. È una dicotomia che appartiene ai percorsi di chiunque sia ferito dentro. Come Giada (nome di fantasia), bresciana di 11 anni, che aveva prima subito un abuso da una bambina di quattro anni più grande quando era negli Stati Uniti; fidandosi delle sue compagne di classe, la ragazzina aveva accennato l’accaduto ma poi ha scoperto che alle sue spalle si prendevano beffe di lei. Poi hanno anche cominciato a minacciarla. Giada ha cominciato a praticarsi tagli sulle braccia. La prima volta, in un momento di rabbia, si è graffiata le mani. «E ha come sentito una sensazione di sollievo, da allora ha cominciato», racconta la mamma. Il dolore fisico per attenuare il dolore oscuro dell’animo.
Qualcosa, però, si è sbloccato durante la rappresentazione teatrale «Coltiv@rete» della Polizia di Stato al Vittoriale degli Italiani. Giada, in platea come spettatrice, ha osservato ogni scena con attenzione, rivedendosi nei racconti dell’agente Domenico Geracitano e dei giovani protagonisti, percependo nel profondo l’eco del proprio dolore. «Dopo lo spettacolo ha iniziato a piangere e ha raccontato tutto – continua la donna –, mi ha detto: “Mamma, io mi sento così”». Tornata a casa, la paura che l’aveva tenuta in silenzio per mesi si è trasformata in lacrime liberatorie e in un gesto di fiducia: confidare a sua madre gli insulti e le umiliazioni subite dalle sue coetanee. Quel semplice atto di apertura ha innescato un percorso di rinascita.
Il giorno successivo ha incontrato Geracitano, che l’ha accolta con un abbraccio sincero e una promessa speciale: ogni volta che avrebbe sentito il bisogno di infliggersi del male, avrebbe dovuto sostituire la lametta con una matita, per disegnare e trasformare il dolore in creatività. Grazie al supporto di famiglia, scuola, Polizia di Stato e dell’aiuto psicologico, la bambina ha trovato la forza di affrontare le sue paure. Il percorso è stato lungo e non privo di ostacoli, ma col tempo ha imparato a trasformare il dolore in un’opportunità di crescita.
Bianca (altro nome fittizio) ha vissuto il suo incubo sin dalle elementari. Ricordi sbiaditi eppure tatuati sulla sua anima. «Mi prendevano in giro perché ero molto timida e sensibile». Sembra esserci la luce in fondo al tunnel alla fine del quinto anno, ma alcune sue ex compagne di classe si iscrivono nella sua stessa scuola. E le cose peggiorano. E quando cerca di reagire, arrivano minacce di morte. Ecco i mal di testa, le eruzioni cutanee, la febbre improvvisa, gli attacchi d’ansia. Soltanto quando Bianca ha la forza di rivelare tutto ai genitori si innesca la rete di protezione che mette i titoli di coda all’odissea della ragazzina.
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