Storie

Bastià, Carlo e Martì inesistenti veri amici

La lingua degli avi frequentata da figure paradigmatiche
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Ci sono persone che conosciamo alla perfezione come fossero amici d’infanzia, anche se non sono mai esistite. Ci sono figure con tanto di nome e cognome che citiamo mille volte nel corso della nostra vita, anche se loro una vita non l’hanno mai avuta.

È la potenza del linguaggio, che sa funzionare alla perfezione anche senza dover per forza indicare oggetti. In questo viaggio tra figure simboliche, la nostra Dialèktika si era già imbattuta nella Maria dei Spaèncc. È riconoscibile in ogni donna che si presenti un po’ arruffata, i capelli in piedi, gli abiti scompagnati e la camminata con inciampo.

Potrebbe benissimo essere la sorella del Martì Strimìt, figura perennemente incerta e timorosa. D’altronde strimìt vien giù diretto dal latino ex-tremere, cioè tremare per una paura eccessiva. Non è un caso che in dialetto spavento (oltre che spaènt oppure stricù) si dica anche strimìda. Almeno una volta, poi, tutti noi abbiamo citato l’antico Carlo Códega, paradigma dei tempi che furono.

Figura non solo bresciana, ma più ampiamente lombarda e di origine ottocentesca. Una delle possibili spiegazioni dell’immaginario cognome risale alla irrispettosa storpiatura del codino dei capelli dei nobili travolti dalla Rivoluzione francese. Non a caso il codino è un reazionario anche in italiano.

Ecco infine Bastià Contràre. Qui pare si risalga ad un piemontese Conte di San Sebastiano che nel ’700 in una battaglia contro l’esercito franco-ispanico vinse facendo il contrario di quanto gli era stato ordinato. Quand’anche fosse possibile, sarebbe però inutile chiedergli oggi conferma di questa ricostruzione: di sicuro avrebbe da ridire.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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