Avviamenti al lavoro nel Bresciano: i dati Comune per Comune
Parafrasando un celebre detto attribuito a Mao Zedong: «Grande è la confusione sotto il cielo quindi la situazione è eccellente!» potremmo dire che c'è grande confusione nel mercato del lavoro bresciano ma la situazione è tutt'altro che eccellente.
Perché certamente ci sono i numeri assolutamente positivi di una dinamica di avviamenti al lavoro che, tuttavia, non si riflette sullo stock degli occupati che, nel 2021, rimane decisamente inferiore (-11 mila) rispetto al dato pre pandemia.
Sono numeri da decifrare quelli che emergono dal confronto tra gli avviamenti al lavoro nei comuni bresciani nel 2021 e nel 2019, l'anno prima del Covid. Perché, certamente, il mercato del lavoro provinciale, nel 2021, registra un'effervescenza, prevedibile rispetto al 2020, capace nello stesso tempo di portare il numero delle persone avviate al lavoro oltre il livello pre pandemia. Il numero delle persone avviate al lavoro nel corso dell'anno, in provincia di Brescia, supera le 160 mila unità, ben 25 mila in più rispetto al 2020 (+18,5%) ma anche 11 mila oltre la soglia del 2019 (+7,4%).
In realtà, in tempi di precarietà diffusa, quando una singola persona può essere avviata più volte al lavoro nel corso dell'anno, le pratiche amministrative di avviamento al lavoro, nel 2021, sono state quasi 215 mila, 38.651, il 21,9% in più rispetto alle 176.285 del 2020 ma anche 19.355, il 9,9 % in più rispetto alle 195.581 pratiche registrate nel 2019 e spalmate nei 205 comuni della provincia. Ma è proprio qui il punto.
I dati dei Comuni
La pandemia ha colpito i territori provinciali in modo diverso. Nella ripresa del 2021 non tutti i comuni bresciani recuperano e/o superano i livelli pre pandemia in termini di opportunità di lavoro offerte, misurate con il numero di avviamenti al lavoro. L'osservazione dei dati comunali del numero delle pratiche di avviamento al lavoro, nel 2021 e nel biennio precedente, evidenzia, infatti, alcuni aspetti dei mercati del lavoro locali e della loro capacità di recuperare - o meno - i livelli pre pandemia.
Ovviamente nella maggior parte dei comuni bresciani nel 2021 si registrano più avviamenti al lavoro rispetto al 2019. Tuttavia, in una sessantina di casi non è così e l'ammontare delle pratiche di avviamento al lavoro nel 2021 rimane inferiore al periodo pre pandemia.
Tra questi, alcuni comuni rivieraschi, come, in particolare, Sirmione (-244 avviamenti, pari -6,6%), Gardone Riviera (-219, -19,5%) ma anche Manerba del Garda, San Felice del Benaco e Calvagese della Riviera. Ma non solo laghi e, quindi, turismo. Perché il comune che registra la maggiore flessione in valore assoluto degli avviamenti al lavoro tra prima del Covid e oggi è Rovato (-393 avviamenti, -9,9%) che precede Darfo Boario Terme (-343, -11,1%), Flero (-290, -12,2%) e Ghedi (-266, -11,1%).
Numeri da decifrare poiché interessano centri con diverse caratteristiche con un numero di avviamenti al lavoro che a fronte del +10% medio provinciale restano sotto il dato pre pandemia anche per centri importanti come Manerbio (-167, -6,8%), Roncadelle (-163, -6%) ed Erbusco (-116, -3,5%). Ben diverso il bilancio con un numero di avviamenti al lavoro che nel 2021 supera ampiamente il dato del 2019 con percentuali positive in doppia cifra a Chiari (+1.543 avviamenti, +61%), Palazzolo sull'Oglio (+973, +44,8%), Lonato del Garda (+889, +25%), Ospitaletto (+754, +50%) ma anche Sarezzo (+631, +32,8%), san Zeno (+619, +56,4%), Coccaglio (+485, +40,2%) e Cologne (+446, +59,5%).
Allargando lo sguardo si evidenzia un addensamento di comuni in cui la ripresa di effervescenza nel mercato del lavoro sull'asse Brescia- Chiari- Palazzolo, nella Valle Trompia e nella parte ad est della provincia (Lonato, Montichiari, Bedizzole, Calvisano). In questo quadro il comune capoluogo registra il maggiore incremento in valore assoluto con, nel 2021, 3.854 pratiche di avviamento al lavoro in più rispetto al 2019 (+9,4%).
C'è tanto movimento nel mercato del lavoro bresciano, in entrata e, ovviamente, in uscita. Bene, certamente. La domanda è ovviamente di che lavoro si tratta, di che lavori e di come si riflette tanta mobilità in entrata - e in uscita- sullo stock degli occupati «stabili» che, come abbiamo visto rimane inferiore ai livelli pre pandemia.
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