La romantica storia dell’opera persa e ricomprata dai bresciani

Il Bagnadore, nato a Orzinuovi attorno al 1548, fu un artista importantissimo per Brescia. Eppure con lui don Antonio Fappani nell’Enciclopedia Bresciana non fu generoso. Alla voce «Bagnadore o Bagnatori Pier Maria» si legge: «Un pittore povero di inventiva ma ricco di mestiere, abile nell’uso del colore, sapiente nell’uso della luce. Ma fu più grande come architetto». Molto più devoto gli fu il Comune di Brescia, che lo considerava il suo artista prediletto, al punto da commissionargli nel 1590 una delle sue opere più cariche di significato civico, protagonista di una storia che sembra un film.

L’«Annunciazione» per decenni ha vegliato e protetto i bresciani dall’alto: la grande tela (215 x 253 centimetri) era appesa all’inferriata sopra il portale marmoreo del Lamberti, a copertura della finestra a mezzaluna.
Com’è fatta l’opera
Nel Cinquecento era consuetudine collocare scene di Annunciazione sugli edifici pubblici e sulle porte delle città. Per la committenza bresciana, il Bagnadore inserì dunque al centro della scena sacra il Castello sul colle Cidneo: una fortezza militare ancora senza vegetazione attorno, ben visibile in tutti i suoi dettagli.
«L’artista studiò a lungo e con cura la disposizione delle figure – spiega lo storico Luciano Anelli – e s’inventò un arioso squarcio paesaggistico della Brescia di allora, raffigurato al di là di una balaustra che, verosimilmente, avrebbe invece dovuto aprirsi sulla Palestina. Ma, si sa, i committenti hanno sempre ragione; e il Bagnatore non era uno sprovveduto».

Siccome entrambe le mani dell’Arcangelo sono impegnate ad indicare – la destra la volontà del Padreterno in alto e la sinistra la città di Brescia – il consueto giglio della purezza trova spazio in un bel vaso dietro la Vergine, immacolata come i fiori, che presenta in viso i tratti delicati ispirati a Moretto. «La Madonna – continua Anelli – intenta a pregare su un inginocchiatoio preso a prestito dall’Annunciazione che Tiziano aveva donato a Carlo V di Spagna, dice "sì" con un gesto da umile e modesta ragazza di campagna».
Dopo il bombardamento degli austriaci sulla Loggia nel 1849, dell’opera si persero le tracce. Si ipotizza che, come numerosi altri dipinti e affreschi, fu alienata: il Bagnadore, adorato dai suoi coetanei, fu presto dimenticato dopo la sua morte. Morte che avvenne, in modo quasi struggente, ai piedi del Polittico Averoldi di Tiziano, nella Parrocchia dei Santi Nazaro e Celso.
L’«Annunciazione» fu comprata dal proprietario di una grande cascina a Roncadelle – dove Anelli la riconobbe e la fotografò nel 1982 – per poi passare di mano in mano, fino a finire all’asta da Pandolfini a Firenze.
Il salvataggio
E proprio a quell’asta l’opera è stata acquistata e restituita alla Loggia. Come? La storia ha del rocambolesco e pure del romantico.
Quando l’esperto di tecnologia museale Alessandro Saccoia, bresciano con base a Londra, nel 2018 si accorse quasi per caso che l’«Annunciazione» del Bagnadore era in vendita, subito organizzò una raccolta fondi online. «Ho pensato di coinvolgere altri cittadini bresciani come me nel crowdfunding per raggiungere i 15mila euro della valutazione». Missione compiuta in pochi giorni, grazie alla generosità di un gruppo di illuminati, «ripagati» con biglietti gratuiti ai musei e libri d’arte in omaggio, oltre alla promessa che i loro nomi saranno incisi su una targa accanto all’opera, una volta restaurata e ricollocata.
Il gallerista Massimo Minini, all’epoca presidente di Brescia Musei, condusse l’asta al telefono dal Sudafrica, dove si trovava in quei giorni.
«Dovevo imbarcarmi su un aereo – raccontò alla giornalista del GdB Giovanna Capretti – e ce l’ho fatta appena in tempo». In tempo anche per comprare a titolo personale il «Ritratto di dama» del bresciano Francesco Paglia, come assicura il professor Anelli, tra i fautori dell’operazione di rientro in patria dei dipinti.

«È stato un bello sforzo collettivo – aveva dichiarato Saccoia – grazie anche ai social. Ora andiamo avanti». «Un cerchio che si chiude – secondo la sindaca Laura Castelletti, nel 2018 assessora alla Cultura – un brano della nostra cultura pittorica che si aggiunge alla ricca collezione che appartiene a tutti i bresciani».
Il restauro
Dopo averla riportata «a casa», l’opera fu donata a Brescia Musei e esposta in Santa Giulia, in occasione della mostra «Tiziano e la pittura del Cinquecento tra Venezia e Brescia». Poi il suo restauro fu affidato al bresciano Leonardo Gatti, che riportò il dipinto a una piena leggibilità: un lavoro reso possibile grazie all’impegno di Fondazione Civiltà Bresciana, che mise a disposizione un lascito di Armando Arici.
Ma non solo: anche la cantina Barone Pizzini in Franciacorta contribuì sia all’acquisto della tela che al finanziamento del restauro, spiegando così il coinvolgimento: «Con Pier Maria Bagnadore abbiamo un legame di famiglia – spiegò l’ad Piermatteo Ghitti –. La mia famiglia, originaria di Marone, era detta "Ghitti di Bagnadore" perché stava al di là del torrente che porta questo nome. Del pittore del ’500 abbiamo già contribuito al restauro della fontana della Pallata e ora il nostro impegno prosegue».

Il restauro, non facile e condotto magistralmente da Gatti sotto la direzione del funzionario Angelo Loda, restituì un dipinto che «sconciato dall’inevitabile trascorrere dei secoli all’aria aperta e dai “protettivi” che gli vennero sovrammessi nel tempo per “migliorarne” o “stabilizzarne” lo stato conservativo ed estetico – secondo il Soprintendente Luca Rinaldi, ora in pensione – si presenta ora alla cittadinanza privo di quella patina che lo offuscava e che ne smorzava la gamma cromatica ed i passaggi chiaroscurali. Doveroso e necessario intervento, che restituisce alla cittadinanza tutta un dipinto che generazioni di bresciani videro sopra la porta della sede del Comune cittadino e che si è deciso di ricollocare correttamente proprio nel palazzo per il quale venne inizialmente destinato».
Nel 2023 l’«Annunciazione» ha finalmente fatto ritorno in Loggia, prima nell’ufficio del primo cittadino e poi in quello del presidente del Consiglio comunale.
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