Una «Sala Strabella» nelle viscere dell’altopiano di Cariadeghe

Enrico Giustacchini
La grotta da favola è stata scoperta dagli speleologi dei gruppi Underland e Agartis: «Una sorpresa inaspettata»
Uno scorcio della Sala Strabella all'altopiano di Cariadeghe
Uno scorcio della Sala Strabella all'altopiano di Cariadeghe
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L’hanno voluta chiamare, simpaticamente e con una strizzatina d’occhi al gergo giovanilistico, «Sala Strabella». E strabella, questa grotta che si apre nelle viscere dell’altopiano di Cariadeghe lo è davvero. Anzi, di più: è una grotta da fiaba.

A scoprirla, gli speleologi dei gruppi Underland e Agartis, da tre anni impegnati, con passione e rigore, in un articolato progetto di ricerche e indagini nel sottosuolo serlese che ha già condotto all’esplorazione di oltre sette chilometri di gallerie e all’individuazione di un centinaio di nuovi accessi.

«Il monitoraggio dei flussi d’aria e le temperature registrate ad ingressi spesso assai distanti fra loro confermano che il reticolo ancora ignoto è molto più vasto di quanto si pensasse – osserva il coordinatore Massimo Pozzo –. Ad esempio, di recente abbiamo mappato l’abisso Wassange, con quasi un chilometro di sviluppo e la presenza di livelli freatici a quote insolite. Lo stesso potrebbe collegarsi con il complesso carsico di Cariadeghe, che si estende per quindici chilometri con un dislivello di 425 metri e con una grande porzione di vuoto a tutt’oggi inesplorata».

È stato proprio nel corso di una di queste spedizioni che, non appena risalita una galleria, allo sguardo stupito dei ricercatori di Underland e Agartis è apparsa, come una fantastica visione, la Sala Strabella. «Si è trattato di una sorpresa inaspettata, difficile da descrivere a causa della sua eccezionale bellezza – racconta Pozzo –. L’alto soffitto che arriva a lambire la superficie esterna, la preziosità delle stalattiti e delle stalagmiti bianche e immacolate, l’effetto singolare delle radici in uscita dalle cannule, rendono questo scrigno ipogeo uno tra i più peculiari e affascinanti dell’intero altopiano. Senza dimenticare la presenza di reperti ossei di animali che, una volta analizzati, potranno offrire importanti informazioni in ambito scientifico».

Una scoperta straordinaria, insomma: ma il lavoro degli speleologi non finisce certo qui. Nuove ricerche ed esplorazioni sono in programma e promettono altre novità. A breve, poi, è prevista la pubblicazione di un volume che darà conto con ricchezza di dettagli di quanto fatto fino ad ora e delle prospettive future. 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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