Alessandro Zilioli, il pianista bresciano «maestro collaboratore»
Il principio di Archimede fatto suono. Se il canto è una discesa in assetto variabile nella profondità della parola, il pianoforte che lo accompagna agisce come opposizione di forze. Ne studia proporzioni matematiche e potenza poetica il pianista bresciano Alessandro Zilioli, classe 1996, maestro collaboratore in produzioni operistiche di vari teatri italiani: al Grande di Brescia (dal 2018), Cremona, Bari, Bergamo, Macerata; in gennaio, per Opera Lombardia, riprende «I Capuleti e i Montecchi» di Bellini (Como, Cremona, Pavia, Reggio Emilia); in marzo prepara la «Giovanna d’Arco» di Verdi all’Ópera de Tenerife con cui lavora dal 2020. «L’attività del maestro collaboratore si declina in più possibilità – spiega Zilioli –: maestro di sala, di palcoscenico, alle luci, suggeritore, répétiteur».
E in cosa consiste il suo lavoro?
Suono durante le prove musicali e di regia; preparo i cantanti e provvedo all’apprendimento mnemonico della loro parte, ne curo aderenza stilistica, carattere drammaturgico, costruzione del personaggio (e, qualora uno di loro si assentasse, devo accennarne la parte vocale); assisto il direttore d’orchestra per gli «assiemi»; mi occupo della sonorità e della resa generale. All’occorrenza dirigo i complessi orchestrali e corali collocati dietro le quinte, sincronizzandomi con l’orchestra in buca. È un compito fluido, adattabile al mutevole contesto teatrale. Flessibilità, lettura a prima vista, conoscenza delle lingue, disponibilità ad accettare l’imprevisto.
In cosa si distinguono i cantanti rispetto agli strumentisti?
Sono artisti speciali: imparano il ruolo a memoria, seguono le indicazioni del maestro e del regista, calibrano le energie con concentrazione per più ore di fila.
Ha accompagnato cantanti in tournée in Marocco, Turchia, Arabia Saudita: come è recepita la lirica in quei paesi?
La Turchia, la più «europea» delle tre, ama l’opera italiana. In Arabia Saudita la musica occidentale è ancora poco conosciuta, però c’è curiosità, interesse, stupore. Il Marocco è una via di mezzo tra questi due paesi.
Come è la vita musicale di Tenerife?
Geograficamente è Africa, culturalmente è Vecchio Continente. Possiede un moderno auditorium affacciato sull’oceano, a Santa Cruz, con una sala sinfonica da 1.600 posti e una cameristica da 400, attivo tutto l’anno. La stagione operistica presenta il repertorio più celebre ma ugualmente titoli meno conosciuti (in questi anni ho partecipato a Der Zwerg di Zemlinsky, Rusalka di Dvorák, L’enfant et les sortilèges di Ravel), per il pubblico locale (quasi un milione di persone) e i turisti. Propongono sempre un’opera dedicata a famiglie e bambini, così da stimolare le nuove generazioni. Per ritrovarle a teatro in futuro.
È questa la strada per far conoscere l’opera ai giovani?
Anche. Trovo vincente la formula di Opera Domani: una sinergia con le scuole, una capillare preparazione preventiva, una partecipazione attiva, anteprime aperte ai ragazzi e spettacoli loro dedicati.
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